Band formatasi nel 2014 in quel di Rapallo, terra ligure nota per antichi motivi storici, gli Stormwolf con ‘Howling Wrath’, pubblicato dalla toscana Red Cat Records 7 Hard, ci propongono un misto tra heavy metal e classic hard rock, con riff granitici e veloci, sostenuti da una furente sezione ritmica ove la cantante, a proprio agio, dimostra fermezza e passione nell’esprimere e cantare i diversi aspetti di questo album. Il quintetto formato da Elena Ventura (Voce), Dave “The Brave” Passarelli (Chitarra), Francesco Natale (Chitarra), Francesco Gaetani (Basso), Tiziana”Titti”Cotella (Batteria), mostra una buonissima unità d’intenti, nondimeno un’interessante unione volta all’espressione artistica. Ascoltiamo, e vediamo cosa ci ispira.

Il vento tempestoso muove le nubi, le quali proclamano vendetta attraverso il grido dell’aquila. Annunciano la rinascita della fenice. L’inno di benvenuto di ‘The Phoenix’ si dispiega in una cavalcata inframmezzata da stacchi ritmici, preludio al ritornello che, affabile all’udito, sornione si stanzia nella memoria, prima di passare ad un lungo episodio solistico affidato alla chitarra, ora dal gusto neoclassico, ora dal tiro più bluesy, a tratti stucchevole ma buono nel suo complesso, per procedere infine alla conclusione. Bene la sezione ritmica, ben compatta e d’impatto. Infine la voce, notevole sulle parti più graffiate, date le capacità, mi sarei aspettato che osasse maggiormente.

Un duro e freddo inverno spetterà al lupo nella seconda traccia, ‘The Winter Of The Wolf’. La ferocia dell’incedere ritmico del brano è ben connessa alle fasi narranti del testo, su cui culmina una melodia perfetta da cantare dal vivo. Il brano è intenso sin dall’inizio, e non lascia scampo all’ascoltatore travolto dalla pulsante veemenza ritmica, ma talvolta risulta schematico nell’arrangiamento e successione delle diverse parti. Buona esecuzione e grinta da vendere, si evince tutta l’intensità e l’attitudine live della band.

Se precedentemente abbiamo toccato tasti di puro heavy metal, nella terza traccia viriamo su lidi differenti, più scanzonati e meno ardui, infatti in ‘Marathon’ la band strizza l’occhio alle sonorità puramente hard rock. Il brano nella sua semplicità funziona, è diretto e va dritto al punto, ma a tratti risulta un pò stucchevole, come la lunga fase di assolo, talvolta pregevole, altre volte superflua. Un maggiore equilibrio del tutto avrebbe coinvolto più efficacemente l’ascoltatore.

“The past come back and bites you”  dicono gli amici inglesi. Tutto ciò suscita ansia, imprevedibilità, paura. ‘Fear Of The Past’, è un percorso a ritroso nel pensiero, nella ombre della mente, nella coscienza, una malsana idea dove la presunta attualità di un dolente passato, genera paura. Il treno parte, e freneticamente le note si succedono, ci proiettano in un denso dialogo musicale dalle differenti, e talvolta opposte, sfaccettature. Un brano davvero ben congegnato, ben suonato, equilibrato nell’arrangiamento. Molto sentito da parte di chi l’ha scritto.

Swordwind, brano dalla forte carica e dall’ottimo intento ma prevedibile nell’utilizzo di alcune soluzioni armoniche e melodiche. In ogni caso l’intero flusso musicale procede bene, giungendo a picchi intensi durante l’intermezzo poetico e delicato. Dopo di ciò si sviluppa una seconda parte molto più convincente e dal sound meno prevedibile. In seguito gli stilemi chitarristici nella fase solista prendono il sopravvento distogliendomi dal forte flusso precedente. Una minore ridondanza, nonostante una buona esecuzione, sarebbe stata più pregnante.

Acoltando il riff d’apertura guardo l’orologio credendo che manchino due minuti alla mezzanotte. Credo sia stata solo una sensazione perché era solo ora di cena. Talvolta il momento al di là del tramonto può trarre in inganno. ‘Lightcrusher’ è una canzone dalle parti ben definite e dall’accentuato profilo hard’n’heavy. Ottimamente eseguito da parte di tutta la band, tuttavia i cambi eccessivamente repentini da un’atmosfera all’altra creano un errare indefinito, dove l’unica via di uscita potrebbe essere data dall’ascolto del refrain.

Uno dei brani più riusciti e personali di tutta la tracklist. Nonostante a seconda del genere che si suoni sia possibile fare riferimento a questa o a quell’altra band storica del passato, nell’evocativa ‘Thasaidon’, brano interamente strumentale, l’attenzione dell’ascoltatore fluttua tra impervi passaggi e suggestive atmosfere, tra figure auliche e personaggi epici. Dal punto di vista musicale questo viene interamente espresso, grazie ad una esecuzione molto interessante ed impeccabile. Anche qui, una maggiore saggezza nell’arrangiamento avrebbe portato tutta la suite a convergere in un punto focale, invece il fade out schernisce quest’idea e lascia col senno del dubbio. Brano convincente fino a un certo momento, poi a tratti stantìo e lento.

‘Soulblighter’ è un’intensa cavalcata senza né infamia né lode. Lontana dagli aspetti poetici della canzone precedente, ma comunque un buon brano dove se, da un lato la frequente figurazione solistica risulta eccessivamente affidata ai pattern, dall’altro la voce della cantante esprime il massimo per grinta e interpretazione.

“Sounds Good” cita una nota birra e lo stesso vale per la traccia numero nove. Anzi, ne beviamo una insieme cari amici. Ci serve durante l’ascolto! Detto questo, si tratta di una cover ben riuscita dei tedeschi Warlock, giunti al successo negli anni ’80. Canzone dalla forte e genuina pulsazione rock introdotta dal coro ‘All We Are‘, che s’insinua nella mente e costringe a cantarlo, non importa quando, né dove, né come, fondamentale esserne consapevoli, e farlo. Band compatta e in salute che procede solida lungo il proprio cammino, tributando con questa cover la grande cantante Doro Pesch, membro fondatore della band e attiva in seguito col monicker Doro.

Ho sempre visto il numero dieci come un numero significativo spiritualmente e con una certa denotazione filosofica. Mi ha sempre ispirato. E da quello che ascolto, anche i nostri..non so, ma mi piace pensarla così. Nella prima delle due bonus tracks, i nostri ci propongono ‘One False Move‘, una gemma preziosa di inaudita delicatezza, ricoperta da sofferenza e dolore, una ballad dei Lizzy Borden dal sapore mistico, una mossa falsa non riascoltarne il pathos all’infinito. Con la seconda bonus track, ‘Me Against The World‘ (Lizzy Borden), gli Stormwolf si congedano con la consapevolezza di dover combattere duramente per raggiungere i propri obiettivi, consapevoli di essere i primi artefici del loro destino, urlando al mondo intero tutta la rabbia. Band assolutamente da vedere dal vivo.

 

Old Shaman

 

TrackList

  1. The Phoenix
  2. Winter Of The Wolf
  3. Marathon
  4. Fear Of The Past
  5. Swordwind
  6. Lightcrusher
  7. Thasaidon (instrumental)
  8. Soulblighter
  9. All We Are
  10. One False Moves
  11. Me Against The World
  • Anno: 2018
  • Etichetta:  Red Cat Records/7 Hard
  • Genere: Heavy / Hard Rock Metal

 

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