Dopo l’omonimo album targato 2012 tornano i Silver Horses. La band toscana che vantava alla voce il mitico Tony Martin si ripresenta dunque in grande spolvero con non poche novità, prima di tutto il nuovo Singer Andrea ‘Ranfa’ Ranfagni che permetterà al gruppo di esibirsi con più frequenza in sede live, questo però non ha precluso a Mister Tony di cantare due brani scritti da lui stesso e in più altri due brani sono composti e cantati da Stefan Berggren (che era stato in predicato di essere il cantante ufficiale della band), sempre in duetto con il Ranfa.
Detto questo, l’album che presenta una variopinta cover, è composto da ben 12 brani per una durata consistente, forse unica pecca che mi permetto di segnalare in un prodotto davvero di livello internazionale. Prima di passare al dettaglio segnalo anche l’ingresso in via definitiva come quinto membro alle tastiere (già guest nell’album) di Nicola Costanti (ex-Airspeed).
Si comincia con ‘Heat and Snow‘ che ricalca il percorso del primo album, hard rock di grande fattura con la chitarra di Gianluca Galli che crea momenti di indubbia tecnica alternati a riff granitici con quelle venature bluesy davvero esaltanti, grande inizio, che poi è anche stato messo on line come video ufficiale.
‘Hang My Head In Shame‘ è il primo dei due brani scritti e cantati da Tony Martin, il mood è quello hard rock tirato con questi inserti bluesy che tanto mi piacciono e che ricreano quell’atmosfera seventies che fa sempre la sua porca figura, Gianluca si esprime al meglio e la voce di Tony rimane inconfondibile e inimitabile. Segue ‘Life Don’t Comes Easy‘ una delle tre composte da Stefan Berggren che qui si limita alle backing vocals di supporto ad un grande Andrea Ranfagni che in questo album e in questo specifico genere musicale trova la sua collocazione naturale sfoderando al meglio le sue doti.
Le connotazioni musicali ci riportano come detto ai tempi d’oro, gli anni ’70 spaziando dai Led Zeppelin ai Deep Purple giusto per fare solo i nomi capostipiti di quei tempi.
‘Before The Rain‘ è una splendida ballad composta da Berggren e magicamente interpretata dal nostro singer con grazia e melodia. ‘I Don’t Want To Say GoddBye‘ sembra uscita da una jam tra Gary Moore, Jimi Hendrix e Phil Lynott, troppo bella con il suo flavour blues, melodica quanto basta, dannatamente retrò con un refrain da brividi grazie alla voce che qui esprime il meglio di se. Importante anche il contributo dell’hammond di Nicola Costanti.
‘Marrakech‘ vede senza dubbio lo zampino ai testi di Andrea Castelli fine conoscitore di quel lembo di terra a poche miglia marine dalle nostre coste, il suo basso si impone come raramente si riesce ad ascoltare in altri album, l’incedere zeppeliniano si incrocia con suoni mediorientali creando un feeling vincente di grande personalità e originalità. Si va avanti gustandosi ‘The Sailor‘ ballata che inizia acustica per poi esaltarsi in momenti elettrici trascinanti, e con un solo finale tarvolgente!
‘Devil’s Desert‘ potrebbe tranquillamente essere uscita da un album del dirigibile più famoso del mondo ed è seguita da ‘Rising Sun‘ ispirata da ‘Crossroad Blues‘ di Robert Johnson, armoniosa ed elegante colpisce al cuore. Più rocciosa ‘King Of Yesterday‘ terza produzione di Berggren che qui si erge anche a cantante e non solo accompagnatore con una bella prestazione, mi preme anche lodare l’ottimo lavoro alla batteria di Matteo ‘Bona’ Bonini sempre in gran forma. Il pezzo è molto svedish e ruffiano, può essere un altro singolo vincente.
‘Sin City‘ già dalle prime note ha chiari riferimenti storici sempre con personalità ed eleganza due cose che sono insite in questi quattro rockers d’annata, perchè rocker si nasce e non si diventa per moda, questo sia chiaro!
Chiude il buon Tony Martin con ‘My Bad‘ scritto ed interpretato con la sua solita innata classe, un pezzo di storia che si cimenta in ciò che più piace a lui e ai suoi pards italiani, quell’hard rock deluxe che non può non entrare nel cuore di ognuno di noi.
Un grande ritorno che dall’autunno dovrebbe essere suggellato da una tournèe che permetterà di conoscere meglio al grande pubblico quello che nel suo genere può essere considerato attualmente uno dei gruppi di punta in Europa. Decisamente un album straconsigliato.
Klaus Petrovic
TrackList
- Heat and Snow
- Hang My Head in Shame
- Life Don’t Comes Easy
- Before the Rain
- I Don’t Want to Say Goodbye
- Marrakech
- The Sailor
- Devil’s Desert
- Rising Sun
- King of Yesterday
- Sin City
- My Bad
- Anno: 2017
- Etichetta: 7 Hard
- Genere: Hard Rock
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