Il prog italiano non è morto. Si è solo trasformato.
Pur tenendo conto di come alla fine degli anni ‘70 il genere si fosse completamente esaurito nel nostro paese (molti sancirono la fine del progressive nostrano in concomitanza alla data della dipartita di Demetrio Stratos), si è potuto osservare proprio in quei tempi un superamento dei confini nazionali e un vero e proprio aumento d’interesse espanso a macchia d’olio in paesi come Stati Uniti, Messico, Sud America e Giappone. Dagli inizi degli anni ‘80 in poi, quindi, aumenta in maniera considerevole la voglia di scoprire le prog-band dello stivale da parte degli stranieri e comincia da qui l’ondata del revival progressivo nostrano e del relativo supporto, prima con ristampe amatoriali quasi sempre autorizzate (impossibile tenere conto delle versioni giapponesi!!!) e poi tramite le principali etichette discografiche e il sostegno grande pubblico internazionale. Ormai da quasi trent’anni a questa parte si è potuto assistere, quindi, a un grande revival del prog in generale (e le varie band metal che dal prog hanno attinto come Dream Theater e Queensrÿche) e di quello italiano in particolare. Si sono viste molte vecchie glorie ritornare insieme (per non parlare dei grandi che non si sono mai separati) e le nuove leve spuntano sulla scena come funghi.
Anno 2009.
Dalle ceneri degli Elettrosmog prende forma il progetto Astrolabio, formazione veronese costituita da 4 elementi, 4 validi musicisti: Michele Antonelli (voce, chitarra e flauto traverso), Alessandro Pontone (batteria), Paolo Iemmi (basso e voce) e Massimo Babbi (tastiere).
A distanza di due anni dall’esordio, l’ottimo “L’isolamento dei numeri pari”, tornano con un nuovo album, che ribadisce la loro abilità creativa.
La loro musica è identificabile nel filone prog rock anni ’70, con rimandi ai grandissimi Area di Demetrio Stratos, Premiata Forneria Marconi (prestare attenzione alle tastiere), Banco del Mutuo Soccorso e Rovescio della medaglia, ma anche a mostri sacri d’oltremanica come Jethro Tull o Gentle Giant.
Prima di passare all’analisi track-by-track per ciò che riguarda la loro ultima fatica, risulta doveroso precisare quanto i testi occupino un posto molto importante nelle composizioni: la società contemporanea viene aspramente criticata e passata al tritacarne con sadica ironia. E di ironia e cinismo è permeato tutto l’album, opera decisamente lontana da ogni genere di compromesso e di notevole qualità. Non abbiamo a che fare con un prodotto commerciale, quindi, e occorre aggiungere che potrebbero essere necessari diversi ascolti prima di riuscire ad apprezzare appieno ciò che qui viene offerto.
Tutto è decisamente singolare a partire dalla copertina, che rappresenta un salone d’epoca settecentesca pieno zeppo di protagonisti della musica e del mondo dello spettacolo (tutti vestiti in abiti in linea col contesto della scena). Tra i più noti è possibile distinguere il pupazzo Uan (andate sul web e cercate Bim-Bum-Bam, se non sapete di chi si tratti), Gandhi, Charlie Brown (voce: Peanuts), Kurt Cobain, Sylvester Stallone, Beppe Grillo, Frida e Bud Spencer. Se l’immagine può risultare grottesca, beh, sappiate che grottesco è la parola d’ordine di tutto l’insieme.
Del resto, lo stesso Michele Antonelli (di fatto principale compositore del quartetto) descrive il lavoro finito come “un mondo grottesco, fantozziano, che se da un lato fa sorridere, dall’altro porta l’ascoltatore a riflettere sulle piccolezze della società di cui tutti noi facciamo parte”.
Non a caso il sample presente nella track “Pubblico Impiego” è tratto dal film “Fantozzi Contro Tutti” del regista Neri Parenti; la scena in cui Filini e Fantozzi, tramite una telefonata con voce camuffata ad hoc, cercano di evitare la partecipazione alla famigerata “Coppa Cobram” [chi ha la mia età si ricorderà a memoria la sequenza: Molletta – Patata – Imbuto – Asciugamano che copre – (accento) Svedese – Nella Conca!].
Prendiamo ora in esame ogni singola traccia.
1) “Dormiveglia #1 (Black)” breve intro strumentale completamente acustica, decisamente gradevole. Riuscitissima introduzione all’album vero e proprio.
2) “Nuovo Evo” è la prima canzone effettiva. Compendio di tutto ciò che di buono il prog italiano è stato in grado di donarci nell’arco di 50 anni della propria storia, presenta un gruppo tecnicamente ben equipaggiato e decisamente ispirato nel fare propria la lezione ricevuta dai grandi maestri.
3) “Una Cosa” vede Massimo Babbi come autentico maestro di cerimonie e ci permette di poter finalmente prendere visione delle potenzialità e delle abilità tecniche e compositive degli Astrolabio. Tempi dispari, musicisti che passano in momenti brevissimi dal ruolo di solista a quello di comprimario e lo stile sarcastico nel cantato di Alessandro che qui si rivela al 100%.
4) “Pubblico Impiego” è legata alla traccia precedente e, per chi scrive, si tratta di uno dei due apici del disco. “Gioco sporco, faccio il morto, prendo quel che c’é” […] “Parassita dello stato”, canta Alessandro. Un’autentica festa per i padiglioni auricolari risulta il tappeto sonoro creato dalle tastiere con i botta e risposta tra queste ultime e il basso. Un flauto in perfetto stile Jethro Tull accompagna il già citato sample fantozziano che contribuisce a rendere ancora più credibili i contenuti della track.
5) “Arte (Fatto)” è il momento più intimista e crepuscolare dell’intero lotto. Il dubbio di un artista sull’effettivo valore dei propri lavori, poiché combattuto tra la fatica per realizzare le sue opere e l’esiguo profitto che queste procurano. La tristezza che rimane dopo l’ascolto di questo brano (acustico) è data dalla consapevolezza di quanto il mondo dell’arte (in tutte le sue forme) sia de facto nelle mani della pura speculazione e del consumismo “usa e getta”.
6) “Otto Oche Ottuse” è un intermezzo strumentale (poco meno di tre minuti) ispirato ad una vecchia “cavalcata prog” strumentale degli Elettrosmog, come lo stesso gruppo ha dichiarato.
7) “La Casa di Davide” è una canzone aperta da un’intro in palestinese e prende proprio in esame il delicato argomento delle morti in Palestina e dell’assurdità delle condizioni di sopravvivenza di chi risiede nella “terra del petrolio” come canta Alessandro. Un brano lungo (più di 10 minuti) e difficile, aspro, zeppo di controtempi. Si tratta del secondo picco del disco e di una song intensa, profondamente sentita dal gruppo che qui dà il meglio di sé (non che prima i ragazzi si fossero risparmiati, sia chiaro).
8) “Sui Muri” è introdotta da una magnifica intro di tastiere e chitarre (ottima prova di gusto) e affronta il tema della vecchiaia e dell’inesorabile scorrere del tempo. Non dal punto di vista di un essere umano, ma di un ragno. L’artropode osserva dall’alto della sua ragnatela il susseguirsi delle vicende che avvengono all’interno dell’ambiente nel quale si trova. Qui l’ugola di Alessandro raggiunge vette altissime mentre le tastiere e le chitarre scambiano i propri convenevoli.
9) “Dormiveglia #2” è la strumentale acustica (flauto e chitarre) che chiude il lavoro. Secondo il gruppo si tratta della fine del sogno e del ritorno alla routine quotidiana. Nulla da aggiungere se non che, per quanto breve (meno di due minuti), si tratta di un’ottima prova compositiva.
In definitiva abbiamo qui un lavoro ben fatto che paga un debito pesante agli illustri progenitori di un genere che, a quanto pare, gode tutt’ora di ottima salute. Gli Astrolabio sono una band che vuole farci dono di gradevoli sonorità (la musica prevale sulla tecnica in tutti i solchi del disco) ma che si rifiuta di concedersi a qualsivoglia genere di compromesso. E qui sta il pregio/difetto dell’album: come detto, non è un prodotto adatto a chi cerca sonorità catchy e assimilabili dal primo ascolto. Se siete amanti della musica che fa riflettere e pensare, beh, allora è certo che qui vi sentirete a casa. Senz’altro un’altra band italiana forte di un enorme talento. Speriamo di riaverli presto con un altro lavoro di questo livello.
Fabrizio Travis Bickle Zànoli
TrackList
- Dormiveglia #1 (Black)
- Nuovo Evo
- Una Cosa
- Pubblico Impiego
- Arte(Fatto)
- Otto Oche Ottuse
- La Casa di Davide
- Sui Muri
- Dormiveglia #2 (Bird)
- Anno: 2017
- Etichetta: Andromeda/Lizard Records
- Genere: Progressive
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