Voto: 10

A quattro anni da “Rock is Back” TITOR torna al presente per raccontare in maniera definitiva la propria esperienza, i propri sentimenti e le proprie storie. (…)
TITOR sopravvive al trascorrere inesorabile del tempo per riapprodare all’oggi.
Tutto ciò è, ancora una volta, per TITOR e per chi è con TITOR, un atto di coraggio, di scelta, un atto estremo di fede verso il mondo e verso se stessi, oltre la speranza.
L’ultimo” tra gli ultimi, senza la promessa di diventare un giorno il primo.
Perché l’unica certezza è nell’istante presente.”

E letto questo, ditemi come si fa a non pensare che Titor sia genio e rabbia allo stato puro, a prescindere?

Conosciuti e apprezzati appunto già 4 anni fa, in occasione del loro “Rock Is Back, attendevo da allora il ritorno di questa irresistibile e geniale band torinese.  

Rieccoli finalmente oggi con un album che, se possibile, conquista anche più del precedente.

L’Ultimo” è infatti un’esplosione continua, un’aggressione sonora e verbale che ti spiazza e che trasforma quella rabbia che un po’ tutti ci portiamo dentro in parole e suoni.

Violenza sonora e verbale sono dunque un universo unico nei loro brani, dissacranti e acuti come sempre. E, come già in passato, ribadisco anche oggi che trovo davvero geniale il modo in cui i Titor costruiscono i loro testi, giocando con i codici linguistici più disparati, mescolando stereotipi e frasi fatte, pubblicità e vecchi brani: insomma, uno stile unico, che, nella sua originalità, arriva sempre dritto al cuore del messaggio, proprio come una fotografia che coglie l’essenza di un attimo.

L’Ultimo” spezza il silenzio e travolge a partire dal primo brano: “Al.D.La”, un gioco di parole sin dal titolo, è infatti un pezzo contraddittorio, in cui il sound feroce si unisce ad un testo dalle tematiche introspettive, in un connubio quasi catartico.

Je m’accuse” è invece un vero colpo di genio: il classico “J’accuse” di Emile Zola in chiave di “autodenuncia”, una sorta di autocritica collettiva che si dichiara come “l’ultimo pezzo rock”.

E poi ecco “Novecentonovantanove”: un brano a dir poco sublime, una decadente poesia rock che che va solo ascoltata.

“Ho visto gli angeli cadere giù in picchiata / e poi schiantarsi senza risalire su…”

Il ritmo forsennato rallenta appena, caricandosi di un pathos che è in perfetta simbiosi con questa preghiera nichilista.

“E noi stupidi, orgogliosi ed ignoranti / a celebrare una ballata dei perdenti / Dio salvaci anche se prima vuoi salvarti tu / se “uno su mille ce la fa” / Chi pensa agli altri 900 / novecentonovantanove”.

E mentre scorrono le ultime note, francamente, anche a me “una frase risuona nella testa: ci hanno ucciso tutti dolcemente”…

Ed è proprio quando ci si lascia cullare da questa amara considerazione che “May Day” colpisce, riscuotendoci dal torpore e restituendoci la nostra dose di rabbia salvifica e autoconsolatoria.

Gloria Due” mi ha invece riportato un po’ indietro nel passato, ricordandomi in alcuni passaggi lo stile delle band hardcore italiane di “qualche anno fa”: “noi siamo i popoli / noi siamo i secoli / ed alla quiete preferiamo la tempesta / bisogna essere tempesta”.

La Fine Del Giorno”, “Forse Oggi”, “Gli Anni Della Voglia Di Morire”: ogni brano è l’ennesimo colpo rock dei Titor, amaro e piacevole dalla prima all’ultima nota.

L’ultimo atto è affidato alla splendida “Come-Copie-Di-Copie”, in cui emerge la drammatica difficoltà di essere se stessi in un mondo di “copie di copie di esseri umani”: “strappati le ali e vola via”…

Insomma, “L’Ultimo” è un cuore pulsante di rabbia, è il rock nella sua accezione più ruvida e genuina, della quale i Titor sono interpreti magistrali a modo loro. A mio parere, un lavoro imperdibile!

 

Luy C.

 

TrackList

  1. Al.D.Là
  2. Je M’Accuse
  3. Novecentonovantanove
  4. May Day
  5. Gloria Due
  6. La Fine Del Giorno
  7. Forse Oggi
  8. Gli Anni Della Voglia Di Morire
  9. Come-Copie-Di-Copie

 

  • Anno: 2016
  • Etichetta: INRI
  • Genere: Alternative Rock/Hardcore

 

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