Voto: 9

Quando si parla degli Adramelch si parla di storia, si parla di mito e si parla di culto. Si culto, perchè gli Adramelch sono stati per 29 anni una band di culto, con un seguito mai pari al loro immenso valore, sarà perchè tra un album e l’altro hanno fatto passare tempi troppo lunghi, sarà perchè per alcuni anni non sono stati attivi, sarà perchè sono italiani o sarà perchè forse doveva essere così.

Opus‘ segna la fine di un percorso iniziato nel 1986 e che vide nel 1988 dopo la partecipazione alla storica compilation ‘Heavy Rendez Vous‘ l’uscita di quel capolavoro non riconosciuto in toto dalla massa che fu ‘Irae Melanox‘. Purtroppo la storia è andata così e non possiamo farci nulla. Il nuovo corso iniziato nel 2005 con ‘Broken History‘ seguito nel 2012 da ‘Lights From Oblivion‘ giunge quindi a conclusione per decisione della band stessa, i cui componenti si dedicheranno ad altri progetti, un vero peccato perchè a mio avviso ‘Opus‘ di questo trittico è il punto massimo. Vediamo il perchè.

Intanto l’epic iniziale di ‘Irae Melanox‘ si è con gli anni trasformato in un progressive metal melodico di alta caratura, ponendo il gruppo milanese al top del genere ricevendo apprezzamenti da tutte le parti del mondo e qui su ‘Opus‘ c’è la sublimazione di tutto questo, sentite le aperture melodiche di ‘Black Mirror‘ qualcosa da brividi, da pelle d’oca per ogni nota che si diffonde nell’aria. Questo è il disco che dal primo all’ultimo secondo riesce a donare emozioni senza pausa alcuna, e sia pure con 12 brani di lunga durata non c’è mai un cedimento strutturale degli stessi, la qualità è sempre alta. ‘Long Live The Son‘ mette in pratica tutto ciò che sono gli Adramelch, quelli del passato con rimandi all’epic metal degli esordi e quelli odierni con l’heavy prog personale, autentico marchio di fabbrica del quintetto milanese guidato dalla magnifica voce di Vittorio Ballerio. Le chitarre di Gianluca Corona e Fabio Troiani conducono le armonie, gli arpeggi che toccano il cuore di chi ascolta queste composizioni, coro e vocalizzi sono il top che ci si possa aspettare.

Sono invece le tastiere di Gualtiero Insalaco a dare quel tocco di epicità a ‘Pride‘, l’orgoglio degli Adramelch vincitori della lunga ed epica battaglia, quella per passare alla storia del metal.  Le eteree atmosfere di ‘Northern Lights‘ vedono la presenza dell’ospite Simona Aileen’ Pala (Thought MachineHoly Shire) duettare alla voce con Vittorio, donandoci momenti di spessore vocale assoluto all’interno di un brano che sprizza qualità da tutti i pori.

Con ‘Only By Pain‘ si alza il ritmo, la batteria di Sigfrido Percich prende il comando delle operazioni premendo l’acceleratore, le chitarre si induriscono, e seppur con un grande tappeto di tastiere l’heavy rock progressive risulta imperioso nel suo incedere, piccolo gioiello in un contorno di diamanti. Mite col suo andamento lento, spezzato a tratti da gustose deviazioni vibranti è ‘A Neverending Rise‘ giro di boa dell’album, album prodotto da Guido Block, artista a tutto tondo che per la prima volta lavora con gli Adramelch lasciandoci un’opera meritoria di elogi.

Il lato B, concedetemi questa digressione retrò’ inizia con ‘Fate‘, pura poesia messa in musica, classe senza tempo, solo i Warlord più ispirati possono tenere testa ai nostri. Particolarità del brano è la lunga parte strumentale che dal minuto 3’29 (escludendo il breve cantato finale) ci porta fino alla fine per poi proseguire nella interamente strumentale ‘Ostinato‘, in entrambi i casi il valore dei componenti emerge in tutta la sua totalità e non posso quindi non menzionare il bassista Massimiliano Sartori ‘SarMax’ che mai invadente, cuce in ogni brano le sue dinamiche. ‘Ostinato‘ è ostentazione di mestiere e tecnica sopra la media, mentre con ‘As The Shadows Fall‘ si torna a quell’epic prog che è parte integrante della storia del gruppo milanese, ben pochi riescono a essere così capaci di scrivere canzoni con questa forza penetrativa, un altro gioiello indirizzato alla gloria dal gran contorno di riff.

Forgotten Words‘ è a tratti celestiale, a tratti robusta, in un crescendo di suoni sempre più amabili concentrando melodie e energie in circa sei minuti di paradiso in musica. Paradiso che prosegue sulle note acustiche che aprono ‘Trodden Doll‘ per poi tramutarsi nell’ennesima dimostrazione di classe proponendoci il progressive metal che tanti spacciano per propria creatura scimmiottando altri, mentre i Nostri elargiscono la propria assoluta originalità compositiva.

L’album si chiude con ‘Where Do I Belong‘ sognante e pervaso di sottile tristezza, con il quale si chiude un’epoca per la musica metal italiana. Gli Adramelch ci lasciano in eredità dei dischi ineguagliabili, ma siccome nella vita mai dire mai allora speriamo in un futuro ripensamento. Se così non sarà godetevi a fondo questo ‘Opus‘ perchè ne vale davvero la pena.

 

Klaus Petrovic

 

TrackList

  1. Black Mirror
  2. Long Live The Son
  3. Pride
  4. Northern Lights
  5. Only By Pain
  6. A Neverending Rise
  7. Fate
  8. Ostinato
  9. As The Shadows Fall
  10. Forgotten Words
  11. Trodden Doll
  12. Where Do I Belong
  • Anno: 2015
  • Etichetta: Pure Prog Records
  • Genere: Progressive Rock Metal

Links:

Facebook

X

Autore