Voto: 7.5

Dopo il particolare The Fifth Season, di cui ci occupammo al tempo, gli Artaius tornano a far parlare di sè con questo loro ultimo lavoro, ‘Torn Banners’ , forte di undici canzoni che mescolano folk/death con inserti che definirei sperimentali, e rilasciato sotto Scarlet/Bakerteam Records.

Bene, andiamo subito a cominciare!

Innanzitutto, dopo poche canzoni salta rapidamente all’orecchio una delle varie differenze rispetto al primo lavoro, ovvero un sound più duro, e strutture più delineate che sfociano meno in quelle sperimentazioni prog rock, caratteristiche del primo disco, e ciò mi pare abbia giovato non poco al fattore adrenalina. Già dalle prime canzoni, appunto, il quintetto propone motivi aggressivi con riff accattivanti e un cantato maschile migliorato e anche più grintoso rispetto a ‘The Fifth Season’, com’è possibile notare dalla veloce traccia d’apertura, ‘Seven Months’, che propone in maniera più marcata un riuscito mix tra death e folk metal. Nel pezzo in questione non mi sono piaciuti, invece, gli interventi di Sara Cucci (voce femminile), che ho trovato poco d’impatto, sopratutto se messi in contrasto con la voce growl di Francesco Leone. Più solenne è ‘Daphne’, dove torna a farsi sentire in maniera più accentuata anche il tastierista Giovanni Grandi, che non manca di mettere in risalto le proprie influenze negli intermezzi strumentali. Buona la prova del batterista, Alessandro Agati, che sotto le tante sfumature di ‘Daphne’ sa muoversi agilmente. Più variegata si rivela ‘Leviathan’,  traccia particolare che tra le taglienti ritmiche di chitarra alterna un malinconico violino (Elena Mirandola), risolvendosi in una inaspettata chiusura psichedelica che può anche non piacere. Con ‘Eternal Circle’ abbiamo un incipit che mi ha rimandato agli svizzeri Eluvetie, e che generalmente si rivela una traccia più immediata e lineare, con intermezzi meno particolari (e in questo caso specifico è un bene, poichè proporre subito un clone di ‘Leviathan’ avrebbe potuto rivelarsi difficile da digerire). ‘The Hidden Path’, invece, è un brano particolarmente melodico: apertoci da una chitarra che comunica struggimento interiore ed una piacevole mestizia, la canzone propone un buon ritornello con tanto di azzeccato intermezzo dove spiccano violino e pianoforte, per un effetto malinconico. Da sottolineare anche il buon mix delle voci, che si alternano in maniera efficace nella chiusura. ‘Pictures of Life’si pone come un inaspettato (ma gradito) intermezzo, il pezzo è infatti una delicata ballad dai sapori celtici che mette da parte le distorsioni. Una di quelle canzoni che rilassano i sensi, forte di un’atmosfera da falò notturno, il cui silenzio della notte è spezzato solamente da un cantato leggero, una chitarra acustica, ed un violino. Con ‘Pearls of Suffering’, la band propone un mix più evidente in una struttura piuttosto mutevole: si passa, infatti, da una combo voce più flauto all’improvvisa sfuriata growl e distorsioni, fino ad un intermezzo strumentale dove la tastiera fa la parte del leone, forte di un suono elettronico che fa viaggiare la mente, in pieno stile Artaius. ‘Dualità’ è l’unica traccia cantata in italiano, e devo dire che sa essere d’impatto, anche grazie al lavoro dei vocalist, che rendono il cantato scorrevole, addirittura comprensibile nel cantato sporco. ‘By Gods Stolen’ è un’altra traccia variegatissima, che bombarda l’ascoltatore con tante buone idee e piccole sfumature, per un contesto a cui ormai siamo abituati. Ben fatto, devo dire! ‘By Humans Claimed’ si pone un po’ come un sequel della canzone precedente, ed è una semi ballad che inizialmente mette in risalto la combo voce/pianoforte/violino, salvo poi l’ingresso delle distorsioni che induriscono la situazione. A concludere il disco è l’omonima ‘Torn Banners’, che invece torna a favorire un sound più aggressivo, per una traccia più furiosa e veloce, degnamente arricchita dall’instancabile tastiera di Grandi e il cantato furioso di Leone.

Tiriamo ora le somme…‘Torn Banners’ è un disco che non mi sento di sconsigliare nemmeno a chi si aspetta un contesto meramente death/folk, se devo essere sincero. Il lavoro degli Artaius, che trovo piuttosto migliorati rispetto alla precedente release, potrebbe far ricredere anche chi non è propriamente dentro la sperimentazione, e tra costoro, non lo nego, ci sono anch’io, che a qualcosa di sperimentale e potenzialmente difficile da assimilare, ho sempre gradito un po’ di sana musica come la conosciamo noi, magari non per forza originale, ma certamente scorrevole ed incisiva. Nel caso degli Artaius, invece, si tratta di un disco molto particolare, che ha in parte limato quelle partiture eccessivamente lunghe che costituivano degli intermezzi in determinate canzoni di ‘The Fifth Season’, proponendo, piuttosto spezzoni meno vaghi, idee interessanti che non rischiano di spiazzare (non troppo, almeno) l’ascoltatore. Tuttavia, non è certo tutto oro. Devo sottolineare che la strada non è ancora stata del tutto percorsa senza incidenti, e in effetti certi episodi non li ho trovati troppo riusciti (l’esempio più evidente, per me, è ‘Leviathan’ canzone controversa).Nella parentesi, ho evitato di soffermarmi su più esempi singoli, in quanto il livello di sperimentazione non è proprio basso, e ritengo che il risultato possa veramente variare da ascoltatore ad ascoltatore. Dalla mia esperienza, però, posso proporre ai lettori di dare una possibilità a questo lavoro, passare sopra a certe parti (poche ma che si notano) che possono anche lasciare perplessi, e affrontare con consapevolezza un disco un po’ diverso dai soliti, ascoltandolo, magari, più di una volta, in quanto l’impatto iniziale può confondere un poco, a tratti appesantire, ma è solo questione di farci l’orecchio. E se è vero che su certe cose non ci passerete sopra, su altre non avrete alcun problema ad apprezzare. Un’ultima cosa: ho avuto l’impressione che la voce femminile fosse talvolta un po’ fuori contesto, muovendosi, da un lato, in maniera sì scorrevole e melodiosa, ma dall’altro mi è parsa, in svariate occasioni, poco ispirata,  e non proprio un efficace contrasto con il cantato maschile.

Francesco Longo

 

TrackList

01. Seven Months

02. Daphne

03. Leviathan

04. Eternal Circle

05. The Hidden Path

06. Pictures of Life

07. Pearls of Suffering

08. Dualità

09. By Gods Stolen

10. By Humans Claimed

11. Torn Banners

 

  • Anno: 2015
  • Etichetta: Scarlet/Baker Team Records)
  • Genere: Progressive Folk Metal

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