Voto: 8

Carissimi lettori,
quest’oggi farò contenti gli amanti del “post” metal con un disco che nasce dalle menti di tre musicisti emilio-irlandesi: parlo dei Traum, che da bravi sognatori alzano il volume fino a concepire nel 2014 ‘Erode’, l’album che è tra le mie mani.

Dalla cover volutamente onirica e sospesa nel tempo, questo album di 8 tracce delinea un percorso molto organico nel sound – a dispetto delle innumerevoli influenze manifestate senza troppa spavalderia e sapientemente assimilate. Ed è proprio sulle influenze che si dispiega una discreta carica musicale: progressioni, crescendo come tradizione post rock vuole, riffs che diventano quasi paranoici e scatenano loop mentali, contributi noise ed ambient che avvolgono ogni singolo brano dando vita a dei piccoli gioielli. E’ così che ‘Erode’ si fa strada nella mia mente e si staglia in vetta all’indice di gradimento di sempre, per struttura, abilità ed orecchiabilità – oltre che per difficoltà di recensione.

Un disco da ascoltare rigorosamente con un buon impianto stereo o con un buon paio di cuffie: se inizialmente ‘Hefna’sembrerà un brano insolito e molto carico in testa, con gli ascolti seriali comprenderete che appare un po’ indietro rispetto alle sue sorelle – le quali dimostrano quel quid in più che sta alla base dell’ascolto ripetuto e mai monotono. Posso quindi abbastanza in pace con me stessa affermare che da ‘Oceano Antico’ ad ‘Erode’ si verifica un’azione certosina di melange sonoro in grado di spaziare dal prog allo stoner fino al post rock-shoegaze. ‘Solas Dorcha’ invece conquista con la sua vena ambient ricca di psichedelia e prepara molto bene il terreno a ‘Dagda’, che inizialmente innesca il famoso loop dato dal riff ripetuto all’infinito e rafforzato dai drums, per poi cadere anch’essa in un buon connubio ambient – certo, ma con una punta dell’iceberg tutta in crescendo post metal.
Così, terminato il nucleo centrale del lavoro, si passa a sonorità molto più concrete: ‘Ecate’, ‘Heavydale’ hanno in comune un sensibile aumento di ‘pesantezza’ e refrain, che denotano un occhio di riguardo per sfuggire abilmente dalla noia uditiva.
Nota finale merita l’ultima ma non ultima (e tra le migliori), ‘Invasori’: echi e noise interrotti da una brusca chitarra, accompagnata come sempre da un ritmo incalzante ed incessante dei drums – che non hanno potuto che riportarmi alla mente i Long Distance Calling col loro meraviglioso Avoid The Light (ma che in realtà, in questo contesto è solo una delle innumerevoli band che si potrebbero menzionare per rendere una idea); come un cerchio tutto si ricompone e rallenta, sfumando… e non si poteva chiedere migliore chiusura di questa: pure instrumental ambience.

La difficoltà maggiore che si poteva incontrare nella realizzazione di brani come questi era lo stare attenti ad evitare di essere scontati, inorganici ed incomprensibili; la band nostrana ha dimostrato non solo di essere in grado di interiorizzare il meglio delle influenze ‘dichiarate e non’, ma anche costruire tracce con una identità marcata – e una discreta complessità, peraltro ancora in evoluzione.
Bravi.

 

BlackLux

 

TrackList

  1. Hafna
  2. Oceano Antico
  3. Erode
  4. Solas Dorcha
  5. Dagda
  6. Ecate
  7. Heavydale
  8. Invasori

 

  • Anno: 2014
  • Etichetta: Autoprodotto
  • Genere: Ambient/Stoner

 

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