Quando ti trovi ad avere a che fare con dei dischi come “Fasten Your Seat Belts” non è che tu possa fare molto, se non riconoscere la grandezza di certi musicisti e le piccole perle che ci hanno regalato. Facendo forse sperare, alla generazione che mi ha preceduta, che qualcosa di simile a ciò che succedeva negli stessi anni negli States potesse veramente accadere anche qui.

Il finale della storia lo sappiamo già, ma è rimasta questa piccola perla ingiustamente trascurata anche dai palati più sopraffini del genere.

Non è quindi un album al quale approcciarsi sperando di ascoltare qualcosa di nuovo, decisamente no.

Ma è un disco eterogeneo, con sonorità che vanno dall’heavy metal più massiccio all’hard rock più melodico e raffinato. E c’è sempre  invece un’omogenità, in ogni pezzo, fra le varie sezioni. Ascoltando il disco non ci si troverà mai a pensare “qui mancherebbe un po’ di chitarra” o “qui meno batteria”; in ogni traccia c’è sempre una commistione ben calibrata di elementi, di suoni.

L’età del disco traspare fin dalle prime note di “Not a Number”, pezzo di apertura dalle chiarissime influenze glam metal los angeliane degli 80’s, con cori che ricordano vagamente i Crue di “Too young to fall in love”.

Indubbiamente la mia preferita del disco, “Victim Of Your Innocence” attacca con bella intro delicata, sognante, che sfocia in un pezzo che più 80’s non si può. Le chitarre di Gianluca Battaglion ricordano decisamente un’altra band los angeliana degli 80’s, che non posso non citare: i (miei amatissimi) Ratt.

“Straight n’ Narrow” capovolge la pacata atmosfera creata dal pezzo precedente e ci trascina, roboante e furiosa, in ritmi più heavy metal, lontani dalla lacca e dai lustrini incontrati fino ad ora. La batteria di Mario Riso padroneggia il pezzo, che a tratti pare rimandare alle furibonda  cavalcata di “Painkiller” dei Priest. Un bel cambio di marcia, che si ripresenterà anche con “Ain’t no love” quinta traccia del disco, roboante e decisamente chiassosa.

Altro brano tra i miei preferiti “I Hear You Calling”: batteria, cori, chitarre, ritornello che acchiappa. Non manca niente a questo brano, forse più melodico per la presenza delle tastiere. Siamo, se vogliamo fare un paragone, sul genere Icon. Quelli di “Night Of The Crime” per capirsi.

Con “You’re Inside” si riapre la parentesi più melodica della band, alla quale fa seguito “Road Again” traccia travolgente e fresca che profuma di Van Halen in ogni suo secondo.

Poi “Shock Pollution” altro momento di puro e veloce heavy metal, anzi decisamente speed metal, a dimostrazione della grande versatilità della band.

Gli ultimi tre pezzi del disco ci regalano un’altra grande alternanza di suoni. La semi-ballad “War”, la particolarissima, a tratti ipnotica, “Bishop Takes Rook”, ed infine “Where the Pavement Turns to Sand” che chiude forse in maniera non troppo brillante un disco promettente ed ingiustamente dimenticato.

Manca forse qualcosa a questo album, da ricercare nei suoni, che nonostante la recentissima ristampa non sono stati puliti e migliorati e che pertanto risultano ancora “vecchi” rispetto agli standard odierni. Forse un modo per farci sentire davvero negli anni 80, chissà.

 

Valentina Viper Martini

 

TrackList

  1. Not a Number
  2. Victim of Innocence
  3. Straight n’ Narrow
  4. I Hear You Callin’
  5. Ain’t No Love
  6. You’re Inside
  7. Road Again
  8. Shock Pollution
  9. War
  10. Bishop Takes Rook
  11. Where the Pavement Turns to Sand

 

  • Anno: 2011
  • Etichetta:  Minotauro/Markuee
  • Genere: Heavy Metal

 

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