Voto: 8.5

‘Hidden Voices’: quale nome migliore per l’album di un gruppo strumentale? Perché diciamolo, a volte anche i piccoli particolari di questo tipo contano. È con piacere che vi presento questo lavoro targato Slow Order, trio bolognese dedito a uno stoner/doom/southern misto ad altro vario grezzume/bei momenti e composto da Davide Minelli (chitarre e synth), Fabio Battistini (basso) e Ale Moretti (batteria). Sono molti i gruppi che mi vengono in mente ascoltando questi giovini, tra cui Karma To Burn, i beneamati Black Sabbath e gli Alabama Thunderpussy, giusto per citarne qualcuno, quindi le premesse per qualcosa di valido sono più che buone.

Il disco si apre con ‘Bokor’s Call’ (non la band, in questo caso il bokor in questione è un sacerdote voodoo): un ritmo galoppante condito quasi immediatamente da una chitarra solista che si impone senza troppi complimenti. Anche l’effettistica fa il suo bel lavoro nella parte finale e, nonostante si tratti di un album strumentale, alla fine del brano è possibile sentirle davvero, le voci. O meglio, la voce, sebbene non si sappia a chi dei nostri tre appartenga. Segue ‘Crusade of Visigoth’, più orientata verso lo stoner/desert (con vaghi richiami blueseggianti), in cui il basso emerge in maniera più netta rispetto alla traccia precedente. A metà brano troviamo la batteria impegnata in un breve crescendo, culminante con l’entrata in scena, per pochi secondi, della voce, che anche stavolta fa di tutto per non spiccare troppo. Quanto al terzo pezzo, ‘Drunked’, beh, appena è cominciato ho avuto uno svarione del tipo “Cazz, ho lasciato Spotify aperto, pubblicità demmerda”, invece la questione era molto più semplice: il brano inizia con lo stappo di una bottiglia di birra (sarò pure astemia ma si sente chiaramente il suono della schiuma) e il successivo versamento del liquido in un bicchiere/boccale/quello che è. Bei cambi di tempo e complessivamente groove molto trascinante, ci avviciniamo quasi ai territori dell’alternative rock con persino echi grunge (quello fatto bene, tranquilli). ‘Drunked’ termina con una degna conclusione: un rutto. Salute.

‘Garage Anthem’, invece, inizia con un paio di insulti ben assestati (e assecondati dalla batteria). Si torna su zone più stoner e la campana a 0:56 non può non far pensare ai sopracitati Sabbath, bella mossa. La voce fa capolino per qualche secondo, giusto il tempo di un urlo prima di sparire di nuovo. Tutto scorrevole, tutto lineare, fino a quando ci imbattiamo in un notevole rallentamento dai toni più tendenti al blues che, a mio parere, calza a pennello. Proseguiamo con ‘In the Centre of the Sun’ che, pur non presentando grosse variazioni per gran parte della sua durata, sorprende l’ascoltatore nella parte finale con una litania tribale, quasi sciamanica. E infatti la successiva, ‘Pazuzu’, ci riporta nel mondo degli spiriti e dei demoni, anche se intorno ai due minuti si possono udire riferimenti a “Jesus Christ” e “the Holy Spirit”… un esorcismo? Chissà. Quel che è certo è che il brano è articolatissimo ed imprevedibile, ricco di stacchi, rallentamenti e non solo (apprezzatissima la “cavalcata” poco dopo metà brano!).

Siamo arrivati alla penultima traccia, la più lunga di ‘Hidden Voices’, intitolata ‘Sabbatai Zevi’. Di nuovo ci troviamo ad avere a che fare col mondo spirituale, visto che Sabbatai Zevi fu un mistico ottomano vissuto nel XVII secolo; di nuovo siamo immersi in uno stoner più classico, anche se condito da suoni ed effetti più oscuri e riconducibili allo sludge. Brano scorrevolissimo, bei soli, riff possenti: ce piace. L’ultimo tassello del disco, ‘Wisdom of the Universe’, è totalmente acustico e possiede tratti tra l’orientaleggiante (mi è sembrato di udire un sitar?) e il desert; personalmente la prima cosa a cui ho pensato è stata ‘Landing on the Mountains of Meggido’ dei Down e, non a caso, Megiddo si trova in Israele ed è il luogo in cui alcuni credono che avrà luogo la battaglia finale denominata Armageddon. Tutto torna, giusto? Ottima chiusura di un disco davvero meritevole.

Se siete amanti dei generi citati nel corso della recensione non potete non dare un ascolto a ‘Hidden Voices’: è un lavoro maturo, completo e ricco di spunti. Non mi resta che augurare il meglio agli Slow Order, continuate così perché state andando alla grande. Bravi.

Elisa Mucciarelli

 

TrackList

1. Bokor’s Call

2. Crusade of Visigoth

3. Drunked

4. Garage Anthem

5. In the Centre of the Sun

6. Pazuzu

7. Sabbatai Zevi

8. Wisdom of the Universe

 

  • Anno: 2014
  • Etichetta: Autoprodotto
  • Genere: Stoner/Doom/Instrumental

 

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