Voto: 7

Dalla combinazione tra minimalismo di stampo drone doom, melodie derivate dalla musica indiana e atmosfere tipiche della tradizione ambient nascono gli Shabda, di cui mi appresto a recensire il secondo album ‘Tummo’, edito a un anno di distanza dal debutto ‘The Electric Bodhisattva’.

Tre brani lunghi in cui è forte l’impronta degli Earth di The Bees Made Honey In The Lion’s Skull, interamente strumentali, per lo più privi di drumming (eccezion fatta per le sporadiche parti più incalzanti). La componente più assordante del drone permane solo nella seconda metà di ‘619-626 Hz’, una vera e propria sfuriata che dimostra quanto gli Shabda sappiano lavorare anche di cattiveria e creare un impatto opprimente. Ma, tolta questa divagazione, la band mostra un’innata predilezione per la melodia.

L’influenza della musica indiana è forte nella proposta degli Shabda, e si traduce in atmosfere che, pur non perdendo di vista la delicatezza e l’armonia, vanno a creare una sorta di vertice che risucchia la mente dell’ascoltatore, trasportandolo in un mondo psichedelico ai limiti della trance. ‘Aurora Consurgens’ è il miglior manifesto di questo dettame: una musica sognante che cresce piano piano, sfociando in una cascata di note ripetute a oltranza con un incedere lento ma inesorabile, come in una spirale di cui non si conosce l’inizio né la fine.

Quello che ho particolarmente apprezzato negli Shabda è la capacità di creare una proposta che non solo non stanca, ma riesce immediatamente a catturare l’ascoltatore affascinandolo con l’armonia delle soluzioni proposte; il che non è affatto poco. Mi auguro che questo ‘Tummo’ sia solo l’inizio di un lungo e fiorente percorso.

 

Francesco Salvatori

 

TrackList

  1. Kamakhya
  2. 619-626 Hz
  3. Aurora Consurgens

 

  • Anno: 2014
  • Etichetta: Argonauta Records
  • Genere: Doom/Psychedelic Rock

 

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