Voto: 8
Dopo tre lunghi anni di attesa dall’Ep di esordio ‘At The Gates of Doom‘ tornano tra noi i Tethra e lo fanno con il primo full-lenght della loro carriera dal titolo ‘Drown Into The Sea Of Life‘. Il processo compositivo vede un altro passo in avanti per salire i gradini dell’olimpo, infatti i sette brani più intro e la breve ‘The Underworld‘ denotano un aumento dell’espressività compositiva dei nostri quattro musicisti. Per primo segnalerei il cantante Clode (anche co-produttore dell’album insieme a Matt Stancioiu e autore dei testi) che offre una prestazione veramente importante, mostrando la sua piena maturità artistica dopo il percorso lungo e tortuoso del suo passato, e ne sono ben felice dato che lo seguo ormai da anni.
Dopo la intro i giochi si fanno duri con la meditata ‘Sense of the Night‘ che introdotta dalla splendida voce di Clode si lascia poi ascoltare e ci trascina nel profondo mondo della notte, cupa e misteriosa, tra Moonspell e Candlemass. Quello che risalta maggiormento è l’ottimo lavoro di squadra che sembra perfetto e ben amalgamato, come ne abbiamo maggiormente prova in ‘Drifting Islands‘ piccolo gioiellino di ispiratissimo doom dalle tinte fosche che rimandano ai seminali Black Sabbath e nel quale come stavo dicendo l’affiatamento della band si esalta, con il basso di Giuseppe a cucire trame e la chitarra di Belfagor a evidenziare le cadenze sabbathiane, il tutto con la ritmica funerea della batteria di Miky. Piccolo gioiellino compositivo che si erge a migliore in assoluto dell’album grazie anche ai vocalizzi una volta di più vincenti proposti da Clode, che passa dalla melodia al growl senza perdere nulla come impatto.
Indubbiamente il movimento doom italiano sta crescendo e ci propone band di livello assoluto e i Tethra con questo ‘Drown Of The Sea Of Life‘ ne fanno pienamente parte.
Con ‘Vortex Of Void‘ salgono i toni e ci spostiamo su territori più vicini a certo death melodico, sempre con le atmosfere grevi che caratterizzano l’impatto sonoro proposto, mi preme anche sottolineare che nonostante alcuni brani superino abbondantemente i sei/sette minuti non si prova mai la tentazione di premere il tasto skip..
Prova lampante di ciò che ho appena detto è la title track, oltre otto minuti di avvincenti trame in cui spicca il grande lavoro di basso, che unito ai vari cambi di passo costruisce un altro brano di livello altissimo, in cui viene espresso il meglio possibile. Da ascoltare e riascoltare, avvolti dalle nebbie delle notti più oscure.
Dopo la breve ed oscura ‘The Underworld‘ che vede Clode recitare, con sottofondo il rumore del mare sul quale si base un po’ tutto il contesto dell’album, parte ‘Ocean Of Dark Creations‘ che rispolvera suoni datati ma mai obsoleti, con un grande lavoro da parte di Giuseppe che insieme a Miky crea un muro compatto sul quale si stendono le delicate trame chitarristiche e vocali creando un effetto sognante e tetro quando le linee vocali si fanno più ombrose e appunto tetre.
Con ‘Ode To A Hanged Man‘ l’inizio è solenne, la voce cupa e ossessionante, si seguono percorsi più classicamente metal pur sempre con l’aura doom a veleggiare imperante. Arriviamo così alla conclusione del cd con ‘End Of The River‘ che si apre con una parte di batteria incisiva la quale apre alla potenza di chitarra e basso per poi sfociare nel cantato che ci accompagna nell’ennesimo excursus musicale marcato Tethra!
Tirando le conclusioni, in un contesto di musica non facilmente acquisibile ad un primo ascolto, se avrete la voglia e la passione di ripetere l’ascolto vi troverete di fronte un album dalle qualità importanti e veramente bello. Inizia bene l’anno metal!
Klaus Petrovic
- Anno: 2013
- Etichetta: House Of Ashes
- Genere: Doom/Death Metal
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