Voto: 7
“Il disco è il frutto delle nostre perversioni e dello spirito Rock and Roll che ci pervade!! la nostra musica è vogliosa di fare del bene, di farlo bene!! e a lungo!!
Lasciatevi amare dal tocco del mistero nel nome neomelodico del rock and roll, perché noi vi ameremo e molto! Avendo particolari attenzioni per amiche, cugine e sorelle, tutto questo è buono, tutto questo è AMORE. “
Un gruppo che si presenta così non si può che prenderlo in simpatia!
Così si presentano gli Amore, Peppe The Singerman: La voce, Don: chitarra e assoli, Joe: chitarra, Andy Star: basso, Padre Dik: batteria.
Se a questa attitudine all’autoironia si aggiungono un’ottima padronanza dei propri strumenti siamo già ad un ottimo punto!
Questo disco, infatti, seppur non brilla per la produzione un po’ “retrò” nei suoni (tuttavia non sgradita al sottoscritto) e non proprio ai massimi livelli, di sicuro colpisce per la professionalità e per il livello dei singoli musicisti, in particolare Peppe alla voce e Don alla chitarra.
Il disco, rigorosamente cantato in italiano, cosa ben più che apprezzabile a mio avviso, ruota intorno all’hard rock più classico, molto vicino per stile ai cari vecchi Y&T ma con un piglio melodico (o forse anche un po’ “neomelodico”) che farebbe pensare a classici della musica italiana un po’ più rock degli anni 70.
Inoltre, vuoi per l’ironia, vuoi per lo stile molto 80s, mi hanno fatto venire spesso in mente i Behive del cult “Kiss me licia“!
Indubbiamente il disco è molto ben suonato e risulta subito simpatico, anche se non arriva mai a suscitare la risata, come magari riescono gli Skiantos o gli Atroci, e i pezzi sono ben costruiti e arrangiati.
Quello che manca è un po’ di originalità che faccia suonare meno “risentiti” e più personali i brani di questa ottima band, infatti si sente un po’ troppo l’influenza di un Diamond Dave qui, i Kiss là, AcDc e quant’altro, spinta, talvolta, quasi a livello di citazioni.
Passando ai brani di questo Amore (titolo del disco oltre che nome del gruppo), l’apertura mostra a pieno ombre e luci appena citati: “La circolazione del sangue” sfoggia un ritornello indubbiamente orecchiabile e radiofonico che colpisce subito, ma come un bravo chef che vi propone un minestrone, pur mettendoci del suo, non riuscirà a convincervi di avervi proposto un piatto di nouvelle cousine, allo stesso modo, ad ogni appassionato di hard rock, sembrerà di aver già sentito qualcosa di simile a quel riff o a quell’altro.
Questo non è poi necessariamente un male, quello che invece proprio non mi ha convinto è la forzata accentatura dei bridge tra strofa e ritornello, chiaramente voluta, ma non riesco a trovarvi un senso e alla lunga mi è risultata un po’ fastidiosa.
Non siamo certo di fronte al miglior pezzo del disco anche se sicuramente il ritornello resta bene in mente.
“Lei è la star” è decisamente migliore, pure rimanendo nella classicità quasi a livello di citazione di elementi di storia dell’hard rock, migliori la metrica e lo stile, anche se suona un po’ moscetta, forse qualche bpm in più non avrebbe fatto male.
Certamente il testo è più divertente, anche se non strappa più di qualche sorriso, meglio gustarlo con il video che lo rende decisamente più godibile.
Qui il livello dei musicisti fa la differenza, rendendo questo pezzo, abbastanza banale per testo e musica, comunque più che godibile.
Nel terzo brano a venir fuori è l’animo più rock’n’roll della band, quello che non ho capito è la necessità della “licenza poetica” del titolo “Quel che voglio è tu”(quel che voglio sei tu sarebbe suonato forse anche meglio!), ma se ai nostri piace così va bene, visto che comunque funziona e questo è quello che conta.
Il pezzo è godibilissimo e ballabile con il suo “Boogie blueseggiante”: senza tanti fronzoli e senza nemmeno provare a inventare nulla di nuovo gli Amore riescono a trascinare gli estimatori del genere.
Ed eccoci arrivati alla ballatona, che in un disco come questo non può certo mancare!
“Sentieri tra i pini” sconfina quasi nel rock cantautoriale tipicamente italico, ma si mantiene su livelli dignitosi pur nella sua doverosa sdolcinatezza.
Tornano fuori con prepotenza le doti vocali e chitarristiche di cui parlavo in apertura che fanno la netta differenza in questa ballad che più classica non si può, rifinita anche nei suoni molto curati, anche se un po’ “acciaccati” da una compressione forse eccessiva.
“Cuore batticuore” ci riporta in ambito hard rock made in usa, a metà strada tra Def Leppard e Kiss, fin troppo riconoscibili tra le ispirazioni di questo brano, in cui ancora una volta la voce di Peppe la fa da padrona.
Anche questo pezzo, a mio modesto avviso, sarebbe stato ben più azzeccato ad una velocità appena superiore, giusto per risultare un po’ più “cativello”, quel tanto che sarebbe bastato a far scapeare ogni hard rocker che si rispetti!
Certo, l’originalità non è la caratteristica di questo brano, ma questi piccoli difetti non rendono il brano meno efficace!
“Uccello nel vento” si sposta di poco dallo stile della traccia precedente, qui si fanno notare un paio di passaggi molto ben riusciti sulla batteria, niente di nuovo o eclatante, ma particolarmente azzeccati, insomma quei “passaggi giusti al momento giusto” che non guastano mai, specie in un omaggio al rock’n’roll classico che più classico non si può.
Ancora un testo simpatico, anche se non brillante, che vi farà sorridere, cantato come sempre magistralmente da Peppe.
L’intro di “Scintille” non mi ha fatto impazzire, né l’incastro di chitarre e batteria, ma il ritornello, semplice ed efficace nella sua banale immediatezza, lo rende uno di quei pezzi che si piazzano in testa e non si scordano, a patto di non arrivare a odiare la ripetitività.
Quest’ultima, infatti, se da una parte fa sì, appunto, che il pezzo si stampi in testa subito, ne mina al tempo stesso la longevità, risultando noioso dopo pochi ascolti.
Insomma, un pezzo che colpisce subito, azzeccatissimo per un rapido passaggio in radio, ma non esattamente il miglior episodio del disco!
Una introduzione di batteria che potrebbe essere dei Darkness, ci porta a un pezzo ben più movimentato, molto blues e orecchiabile, forse uno dei migliori del disco.
In “Resta con me” Peppe se la cava bene dietro al microfono, anche se non è la sua performance migliore di questo disco, e le chitarre e una batteria serrata rendono il pezzo un bell’hard rock, con tanto di eccellente assolo da parte di Don.
Essendo anche il pezzo meno scontato del disco, non posso che considerarlo il punto più alto.
“Palle di cristallo” ci riporta nel rock’n’roll anni ’70 e a un testo da sorrisetti e, anche se non abbiamo nulla di nuovo né particolarmente originale, l’ottima performance della band lo rende godibile al 100%.
Ancora una volta spiccano la voce di Peppe e le chitarre di Don che alzano decisamente il livello del brano.
“L’uomo col microfono in mano” ci porta finalmente un pezzo dal ritmo serrato che proprio ci voleva, anche se pure qui almeno un cinque bpm in più ci sarebbero stati bene!
Il brano si muove su un hard rock blues veloce e prepotente, ancora ben sorretto da voce e chitarra che la fanno da padroni, e che sa trascinare qualsiasi estimatore del genere.
Certo, ancora nulla di nuovo, ma l’assolo di Don certo si fa notare!
Il pezzo soffre, come altri, della ripetitività del ritornello, con i pro e contro già descritti, ma in questo caso non annoia, complice la velocità e irruenza della musica!
Chiude il disco “Ascoltami o signora” che si mantene su ritmi abbastanza veloci e, proprio come la traccia precedente, risulta trascinante nella sua semplicità.
Qui siamo però ancor più nell’hard rock classico, forse anche un po’ troppo, ma alla fine è quello che cercate se avete fra le mani questo cd!
In conclusione, nulla da dire sulle capacità di questi musicisti sui propri strumenti!
Quello che invece manca a questo disco per spiccare in mezzo a un panorama a dir poco sconfinato, è un pizzico di personalità e originalità in più.
Il cantato in italiano certamente aiuta in questo senso e anche l’idea dell’autoironia è azzeccata a mio avviso, ma è necessario osare di più per uscire dalla massa.
Magari spingendo proprio sull’aspetto “comico”, esagerandolo anche fino al demenziale, cosa che porterebbe ben al di sopra della massa e della banalità il progetto anche senza dover cercare chissà quale espediente compositivo a livello musicale!
Al contrario, mantenersi su testi “canonici” richiede uno sforzo compositivo maggiore per rendere ben più originale il progetto, altrimenti si rischia di confondersi nel maelstrom immane di gruppi analoghi.
Personalmente, se dovessi dare un consiglio a riguardo, non sceglierei quest’ultima strada.
Le capacità per elevarsi al di sopra dei più ci sono indubbiamente, quindi sono convinto che sentiremo ancora parlare degli Amore.
Keep on rockin’ Guys!
Psycho Andy Romi
- La circolazione del sangue
- Lei è la star
- Quel che voglio è tu
- Sentieri tra i pini
- Cuore batticuore
- Un uccello nel vento
- Scintille
- Resta con me
- Palle di cristallo
- L’uomo col microfono in mano
- Ascoltami o signora
- Anno: 2013
- Etichetta: Autoprodotto
- Genere: Rock and Roll
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