Un giro nell’insieme sonoro degli Heretic’s Dream, una band tutta da ascoltare che ha ampliato i propri orizzonti cercando la sperimentazione. Vengono dall’Underground della Capitale, è lì che hanno iniziato tutto il percorso, adesso si sono trasferiti in Inghilterra ed hanno un nuovo chitarrista, un nuovo bassista e un nuovo batterista da Roma. Si chiamano Francesca Di Ventura (lead vocals), Andrej Surace (lead guitar, backing vocals), Jacopo Greci (bass), Maurilio Di Stefano (drums).

Iniziamo dalle origini del vostro gruppo. Vorremmo sapere un po’ di più su di voi. Chi sono da vicino i membri degli Heretic’s Dream?

Gli Heretic’s Dream nascono nel giugno 2010, quando il chitarrista Andrej Surace e la cantante Francesca Di Ventura si trasferiscono in Inghilterra. La band ha subito vari cambi di line up, ricorrendo a musicisti italiani anche a fronte di una notevole attività live in UK, soprattutto nel 2012. Ad oggi, alla batteria troviamo Maurilio Di Stefano, già alle pelli nel primo disco, e al basso Jacopo Greci.

Suonate musica particolare, rispetto al lavoro precedente, in questo di cui ci proponete anche un videoclip, è più elaborato. Spiegateci meglio il perché di queste scelte.

Il sound della band si è evoluto seguendo il percorso emotivo dei suoi componenti e le esperienze che li hanno caratterizzati. A livello strumentale si può dire che vi sia stata una virata netta verso il metal, con uso prepotente di chitarre scure e basso incalzante. Nel disco si apprezza la tensione all’esplorazione sonora tipica della band e si spazia quindi dal pezzo goth a quello trash, da quello prog allo swing bossanova. I testi sono una riflessione sugli intricati rapporti interpersonali e le difficoltà di espressione di se stessi all’interno del tessuto sociale: partono sempre dal vissuto personale di Francesca (che ne è l’autrice, ndr.)

Heretic’s Dream più che una semplice band, sta diventando un vero e proprio progetto. In questo lavoro, avete coinvolto vari personaggi. Spiegate a Italia di Metallo il perché di questo, se possiamo definirlo, esperimento.

Questa è un’affermazione interessante e se davvero qualcuno se ne sta accorgendo, vuol dire che qualcosa nella direzione giusta la stiamo facendo. Su questa barca chiamata Heretic’s Dream stiamo facendo salire molta umanità: la nostra casa discografica (la prima a credere che poteva “galleggiare”), una distribuzione importante (non posso anticipare), un ufficio stampa (Giornale Metal Press Office), un fotografo (Cristiano Proia), una grafica, (Elena Grossi), ma soprattutto tutti coloro che ci seguono e ci spronano a remare, anche in acque molto agitate.

Nascono prima i testi o le canzoni?

I pezzi nascono quasi tutti da un riff di Andrej, che registra le sue idee nel suo “studiolo” a casa arrangiando basso e batteria in modo basilare. La traccia poi arriva agli altri e ciascuno mette il proprio. Io vengo per ultima. Mi lascio ispirare dalla sezione strumentale per identificare l’argomento da trattare. Quando la melodia si visualizza nella mia mente, si tratta di lavorare sulla metrica, decidere se scrivere in rima o no… il modo di raccontare la storia.

Più che un prog rock, lo definirei un mix di speriementazione con varie contaminazioni all’interno. Vi ha influenzato Londra?

Ci hanno influenzato le esperienze di vita. Andrej ed io viviamo a Hitchin, a 20 km nord da Londra. Qui c’è una mentalità piuttosto “paesana”, e lo straniero fa fatica ad inserirsi nel contesto sociale. Andrej ha avuto molte sofferenze, l’estero non è quel Paradiso che si tende a credere. Anche i numerosi cambi di line up ci hanno segnato emotivamente. Non è stato semplice, ma è nelle difficoltà che si vede la forza interiore e soprattutto l’entità della passione. E in questa casa, signori, di passione per la musica ce n’è davvero tanta…

In Walk the time, c’è un percorso, quindi, interiore. Date molta importanza anche alla parte testuale. Chains of Blood è il particolare nel particolare. Ce ne volete parlare?

Chains of Blood è nata in un periodo in cui alla batteria avevamo James Benardout, inglese molto poliedrico musicalmente e dal background decisamente nu metal. L’idea base della sezione strumentale del pezzo è sorta in pochissimo tempo. Quest’anno personalmente mi sono liberata di alcune “schiavitù emotive” che mi hanno segnato da sempre. Nel processo di catarsi totale che per me rappresenta la musica ho messo davvero a nudo me stessa. Chains of Blood parla del rapporto travagliato tra me e mio padre. Un uomo straordinario ma con il quale è arduo comunicare (almeno per me), che forse ancora non si è accorto della sua importanza nella mia vita. Ma oggi sono madre e quindi anche dall’altra parte della storia…

Roma – Inghilterra. Stimoli positivi? Raccontate…

Inizio da Londra: semplice suonare, difficile farlo nel modo giusto. Bills insensati (band folk seguita da quella metal seguita da una blues…), sostegno alla promozione della serata da parte del locale praticamente nullo, sostegno economico alle band nullo (l’unica cosa offerta: l’acqua del rubinetto). Ma lo spirito di corpo delle band è notevole: c’è decisamente meno competizione e arroganza che in Italia. Ad ogni modo questa è solo la nostra esperienza, tengo a precisarlo. Roma: una lotta a gomiti alzati tra le band per emergere, una sorta di mors tua vita mea che pone il potere nelle mani dei gestori dei locali, il cui unico interesse è fare il pienone, tralasciando spesso la qualità della musica o la professionalità con cui si pone la band. Peccato perchè la proposta musicale è varia e stimolante. Se solo le band realizzassero che l’unione di intenti fa la forza…

Golden Cage è una partenza, ma un capitolo diverso da Chains of Blood. C’è stato un cambiamento, diteci di più…

Golden Cage. Che bei ricordi! Ancora la facciamo live! Un piccolo legame col passato che aiuta a tenere il timone puntato al futuro. Golden Cage è la sintesi perfetta della simbiosi musicale che esisteva tra gli elementi della band di allora: il cross over nella sua espressione totale, un testo “impegnato” ma impersonale. Ci si divertiva molto.

C’è sempre un problema che hanno tutti. Quello dei live. Ovvero: Non è facile farsi valere in quanto band emergente. Ci sono molte difficoltà. Come le avete affrontate?

Negli ultimi mesi ci siamo avvalsi di booking agencies e di fatto abbiamo avuto l’opportunità di suonare in diverse parti d’Italia. Qualche volta a Roma abbiamo organizzato con altre band che conosciamo. Suonare con band che conosci è una festa. Suonare con band che non conosci la definisco un’opportunità, musicale e umana.

Progetti futuri?

Questa domenica (14 luglio) suoniamo al Blue Rose Saloon, un gran bel locale. Il 20 settembre saremo in Repubblica Ceca. Nel frattempo gireremo un altro video (nell’ambito di un altro progetto capitanato da un grande chitarrista italiano che è anche una delle nostre guest stars del disco), e ci prepariamo all’uscita del disco. C’è tutta una serie di attività da svolgere prima della data ufficiale di Walk The Time. L’attesa ha qualcosa di eccitante in sé che lascia spazio alla trepidazione per le recensioni, l’accoglienza del disco da parte del pubblico…

Grazie a Francesca Di Ventura e agli Heretic’s Dream. Vi lasciamo con il consueto … Stay rock on Italia di Metallo!

Intervista a cura di Ilaria Degl’Innocenti

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