Voto: 9

I Witche’s Brew sono una realtà artistica dalla vita abbastanza recente, nati solo durante il 2006 tra le lande nordiche di Milano, Como e Verbania, formatisi con l’intenzione di dare sfogo, per mezzo di aspre e violente jam-session, al proprio amore verso tutto ciò che il rock e l’hard-rock dei Settanta hanno rappresentato nel nostro paese e all’estero.

Intorno alla figura di Mirko Zocca, basso e voce storica del combo, si forma  il primo power trio, che incomincia da subito ad ottenere proseliti nell’ambito underground. Già nel 2008 i Nostri s’imbarcano in tour in Austria, esperienza che li porta in breve alla scrittura del loro primo vagito discografico, a titolo “Pentatonicspeedfreaks”, seguito nel corso del 2010 da “White Trash Sideshow”, secondo album che li vede cimentarsi in sonorità dedite ad un southern hard-blues.

La notorietà della band, in ambito di culto, cresce sempre più durante il 2011, tanto che i Nostri lavorano incessantemente per tutto il 2012 ad una nuova opera sotto l’egida  della sempre lungimirante etichetta genovese Black Widow Records.

Abbandonata la formula del power trio, I Witche’s ora vedono l’inserimento di un vocalist in pianta stabile, Ricky Dal Pane; il risultato del duro lavoro di scrittura, delle lunghe jam-session e, sicuramente, dell’apporto di nuove idee esterne al consolidato trio, è “SupersonicSpeedfreaks”, un esplosivo concentrato di psichedelica, hard-blues, progressive e sfumature di un acidissimo e spigoloso stoner-doom. Tuttavia, le novità non si fermano, in quanto questo album vede la collaborazione artistica d illustri personaggi tra cui S.Sylvester (Death SSSancta Sanctorum), N.Turner (Hawkwind) e M.Grice (Delirium).

L’album inizia con la superlativa “Vintage Wine”, un lungo ipnotico hard-blues che letteralmente ti trascina, è impossibile non muoversi al ritmo del suo incedere caldo e sensuale. Il quadrato e narrativo blues, eseguito da un trio strumentale a dir poco granitico, lascia lo spazio, sul finale, al sax di Turner in un susseguirsi d’improvvisazioni modali davvero toccanti, sembra di essere idealmente tornati a rivivere le emozioni strumentali dei Settanta, grazie anche a sub-strati contrappuntistici di hammond e synth, che fanno capolino tanto a dare un superbo tocco progressivo al finale del componimento.
La seconda “What’d You Want From Me” è a metà strada tra hard-blues intriso a fraseggi tastieristici che si alternano durante il progredire del brano, in un continuo dialogare tra riff chitarristici ed esibizioni vocali, dal gran spessore; anche qui sembra di toccare vette artistiche tanto care ai seventies.
“Children Of The Sun
” è introdotta da un arpeggio seguito da fraseggi dommish di sabbathiana memoria (pensando al periodo con Dio), il tutto condito da interludi di flauto. Le trame flautistiche intelaiate da Turner, ci conducono in un mondo oscuro ed esoterico, dove è facile abbandonarsi ad una danza propiziatoria, come se fossimo al cospetto di un sabba stregonesco. Da notare, sul calare, pregiatissimi abbellimenti di synth su un sub-strato bassisitico, degno realmente di nota.

La successiva “Make Me Pay” vede cimentarsi la voce di Steve Sylvester: qui le trame si fanno alternativamente atmosferiche e quantunque tirate. Difatti il brano è preda di un appesantimento chitarristico, le strutture sono spigolose trascendendo in una matrice stoner. In questa sede Sylvester dà il meglio di sè, la voce prima rarefatta e sussurrata, da in breve spazio ad un colore vocale sporco, pienamente street; questo brano calza a pennello per il vocalist italiano, sembra essere stato scritto per lui.

“Tell Me Why” ripropone tutta la classe di un hard-rock dall’indole settantiana, in cui il fascino per il blues, gli intermezzi vocali, tipici della musica nera, e le improvvisazioni virtuosistiche al limite del progressivo, amalgamate, creano un gran componimento.
Sul finale “Magic Essense” “Supersonic Wheelchair”, due brani hard-rock diretti, sporchi e senza compromessi, che non aggiungono null’altro di già in su criticato.

Che dire ancora, “SupersonicSpeedfreaks” è un lavoro dai colori, umori ed espressioni che ci conducono nelle vicende artistiche di una decade, oramai, e purtroppo trapassata, ma che ha dato e scritto tanto per la nascita di una musica senz’altro più contemporanea. I Witche’s Brew hanno composto un lavoro che tributa i Settanta in tutte le sue forme ed espressioni, con una sicurezza strumentale e compositiva, che può fare invidia ad i grandi nomi del rock del passato e del presente. Per non parlare della produzione esecutiva, davvero un punto di forza di questo lavoro artistico, infarcito di svariate collaborazioni, capaci di donare un valore aggiunto ad i Nostri, senza snaturare il sound madre, ma lavorando ed arricchendo la matrice.

Spero che il futuro della band sia pieno di soddisfazione e di una maggiore fama, che eluda l’isolamento nel solo ambiente di culto. Brava anche la Black Widow, sempre avanti rispetto ad altre etichette indipendenti, nel scoprire e supportare i veri talenti, dotati di arte.

Nicola Pace

 

TrackList

  1. Vintage Wine
  2. What d’You Want From Me
  3. Children Of The Sun
  4. Make Me Pay
  5. Tell Me Why
  6. Magic Essence

 

  • Anno: 2012
  • Etichetta: Black Widow Records
  • Genere: Hard Rock

 

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