Voto: 7

Reduce dalle ultime due recensioni, ricomincio subito i miei ascolti.  Questa volta tocca ai romani Tomydeepestego (da leggersi to-my-deepest-ego), che calcano le scene a suon di post-metal, incorniciato da influenze psichedeliche, dal 2006. Pubblicano l’1 Ottobre il loro ultimo lavoro dal titolo “Nero”, che è quello che mi appresto a recensire.

Come ho sempre sostenuto, la cover dell’album è l’impressione che si vuole dare di sé – e questi ragazzi mi hanno presto incuriosita, tanto da gradire già il loro biglietto da visita. Nero si articola in 8 tracce che, sebbene molto diverse, di base sono collegate da sonorità che fungono da filo rosso e rendono piacevole il proseguimento – senza seccare ogni fine-inizio traccia con momenti di odiose pause. E per me che costantemente ho avuto a che fare con questo ‘difetto di produzione’, è quello che ci voleva.

Pece” ci spiana la strada con carattere sin dai primi accordi – e resta ferma, per quanto mi riguarda, sul podio delle mie preferenze: buon riassunto del genere, discreta tecnica e grande capacità di articolare le variazioni anche su riff uguali, ma che almeno non tediano l’ascoltatore. Questa traccia contiene una delle parti a me più gradite di tutto l’album: giri guida di basso la fanno da padrone, su cui si innestano pesantemente le chitarre e chiarissimi sono i colpi di pedale per la batteria da mazzate nei denti che ci piacciono un sacco.. la stessa che darà il tempo per l’attacco molto ritmico di “Grafite”, secondo brano in crescendo che non mancherà di darsi lunghi tempi cadenzati, alternati a simpatiche variazioni.

23:45”  se la prende comoda ed attacca seriamente al primo minuto, facendoci assaggiare synth mai epici o invadenti, che si fondono perfettamente con la struttura post del brano, in particolare con i riff di chitarra – traccia molto easy, pacata e più sul versante post, che sludge.

Monster” batte a tempo con molte premesse: i soliti tempi tenuti dai drums, gli accordi lunghi delle chitarre che poi si articoleranno alternandosi con i primi e ritmiche sostenute per un po’; la pecca di questa traccia è proprio l’apparire come un intermezzo, ma che tale non potrà essere vista la (modica) durata di 5.36 min. – sarebbe stato meglio, forse, concentrarla al massimo, anche se mi rendo conto il finale parli un po’ da sé.

Un’inversione molto pacata di ruoli, così come l’incipit del pezzo, viene attuata per la quinta traccia, “541”, dove le chitarre guidano la struttura, seguite da batteria e qualche effetto psichedelico sullo sfondo – tutto sommato le sonorità non subiscono variazioni significative, ma dovendo fare un raffronto a questa e la quarta traccia, preferisco quest’ultima proprio a livello compositivo e come scelta stilistica.

Petrolio” arriva senza interrompere il clima ‘morbido’ lasciatoci dalla track precedente e ripropone il solito modus operandi batteria-chitarra\basso-synth, dando più spicco a questi ultimi, probabilmente per non smorzare il benessere acquisito – tutte le variazioni prendono il loro giusto tempo e nulla mi appare squilibrato.

La titletrack si impone come uno dei pezzi migliori dell’intero album per qualità – nonostante fosse preceduta da altri molto più complessi: un sound tangibilmente pesante, alleggerito poi dai synth; ho apprezzato tanto anche i piccoli crescendo tra le varie battute del pezzo stesso e lo smorzarsi in modo netto.

Ormai in chiusura, “Neve” marcia spedita dopo i primi riff di chitarra e tastiere evanescenti, confermando le premesse: non c’è migliore modo di ultimare un’idea con un crescendo come tradizione vuole.

Sebbene il disco sia valido, presenta la grandissima pecca di possedere TROPPE somiglianze con le band che seguo ormai da tempo, i Pelican in particolare. Posso solamente invitare a continuare così-o-secondo strade sempre più fertili.

BlackLux

 

TrackList

  1. Pece
  2. Grafite
  3. 23:45
  4. Monster
  5. 541
  6. Petrolio
  7. Nero
  8. Neve

 

  • Anno: 2024
  • Etichetta: Andromeda Relix
  • Genere: Instrumental post-Hardcore

 

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