Voto: 6.5
Atmosfere da videogioco e tanta buona tecnica in questo “Tell me what you see”, prima uscita ufficiale del progetto Another Destiny portato avanti da Peter Pahor (produttore,compositore e chitarrista) e Federico Ahrens (voce).
Un mix elegante di heavy,industrial e power, il tutto plasmato per avere un forma molto particolare, quasi a voler costituire una colonna sonora per qualche film d’azione o un videogioco fantasy vecchio stampo (i primi Final Fantasy, quelli della mia generazione apprezzeranno!!).
Devo subito dire che purtroppo la produzione del disco non mi ha convinto molto: infatti le tracce sembrano registrate e “lavorate” in maniera troppo diversa tra loro, rendendo il disco poco omogeneo a livello di suono; tralasciando questo però, nel complesso la qualità è buona considerando che è la prima uscita della band.
Costituito da 10 tracce (8 + 1 intro + 1 strumentale) il disco si apre con 45 secondi di introduzione dal titolo R.E.M. ; davvero ben fatta (sapete quanto io apprezzi questo tipo di introduzioni nei dischi) soprattutto nelle atmosfere create, che ben fanno auspicare per il proseguo del disco. Si prosegue con “Insomnia”, la traccia strumentale, e già resto stupito della scelta della band di inserire 2 tracce strumentali ai primi posti dell’album: se da un lato ho apprezzato il brano, dimostrazione di bravura e qualità tecnica della band oltre che segno di coraggio, dall’altra rimango un po’ perplesso della scelta sinceramente inusuale e a mio parere un po’ controproducente ai fini della “commercialità” del disco.
Non siamo abituati infatti ad aspettare la traccia 3 per ascoltare la parte cantata di un disco (a meno che non sia un disco totalmente strumentale) e questo può forse destabilizzare un possibile ascoltatore che potrebbe (dico potrebbe, io non l’ho fatto!) skippare le prime 2 tracce. L’occasione per poter ascoltare anche la voce di Federico però non si fa attendere e già dal terzo brano dal titolo “Sleepwalker”, scelto dalla band come singolo al quale hanno affiancato un videoclip, iniziamo a capire quale sia la realtà musicale degli Another Destiny Project: tastiere davvero molto presenti, chitarre armonizzate e un drumming di tutto rispetto creano un bel legame tra il power moderno (mi vengono in mente gli Avantasia e gli ultimi Hammerfall) e le strutture decisamente più classiche, tipiche dell’heavy metal americano al quale la voce si sposa perfettamente come timbro e stile canoro.
Quarta traccia, la storia non cambia: scelta potente e azzeccata quella di “Doomsday” (a mio parere la traccia migliore del disco), una botta di heavy moderno alla Testament di “More than meets the Eye” con campionature ed effettistiche tipiche dell’industrial che ne mettono in risalto le atmosfere suggestive oltre che l’impatto sonoro davvero di tutto rispetto. Si torna su schemi più classici con “Once Again”, con un ritornello più soft che valorizza l’aspetto power del disco e un riffaggio da heavy anni 90.
Cambiamo sonorità con la sesta traccia,”Sand”, avvicinandoci al filone ballad che ha segnato una generazione di metallari in un periodo dove tutti in gruppi più famosi dell’epoca si sentivano quasi “costretti” a pubblicare dei brani soft (a volte con ottimi risultati, a volte con delle cose inconcepibili e del tutto prive di significato!): chitarre acustiche e sfumature sinfoniche con piano ed archi rendono questo brano sicuramente il più commerciale del disco, capace di mettere d’accordo un po’ tutti gli ascoltatori. Ma non c’è tempo per farsi prendere dalla malinconia, già con il pezzo seguente si ritorna a cavalcare la gloriosa onda del heavy\power classico che non ci deluderà mai: “Rorshach” lascia sfogare un po’ tutti, dalla doppia cassa di Emanuele Petrucci alle chitarre di Gabriele Giorgi e Peter Pahor, mostrandoci anche un aspetto più “cattivo” del cantato di Federico Ahrens che ho apprezzato particolarmente. Mancava l’hard rock vero? Eccolo qui proposto in “Life of Lies”, sempre miscelato con cura con quella dose di instancabile heavy\power metal che non può di certo mancare in questo “Tell me what you See”. Siamo quasi all’ultima curva, tempo di degustare “Assembly” che si pone come ultimo baluardo heavy prima della chiusura del disco lasciata alle note di piano di “In my Name”, degna conclusione che sa di Scorpions di “Still loving You” (ottimo direi!).
Si chiude qui questo primo lavoro ufficiale della band: indubbiamente la qualità c’è, così come non si discute sulla tecnica dei 4 ragazzi. Quello che forse rimane da “aggiustare” è la parte dell’arrangiamento, a mio avviso a tratti davvero troppo ricco e troppo standardizzato su certi canoni che rendono il disco piacevole certamente, ma a tratti un po’ pesante; questa sensazione è data certamente anche dalla volontà della band di far vedere le proprie potenzialità ma spesso questa voglia cozza inevitabilmente con l’equilibrio del disco, rendendo le tracce molto simili tra loro e confondendo le idee a chi cerca in questo lavoro una traccia in particolare.
Spesso quando ci si addentra nel bosco fitto dell’heavy\power si rischia di perdere quella vena di originalità indispensabile in ogni lavoro basato su questi canoni musicali che voglia emergere dal resto, e di certo non basta arricchire il tutto con effetti e campionature, spesso e volentieri più si aggiunge e più si confonde. C’è qualcosa da “ripulire”, angoli da smussare e un po’ di arrangiamenti da levigare, ma la base è certamente ottima e da questo punto si può sicuramente ripartire con ottimismo per un secondo lavoro che potrà chiudere il cerchio e portare gli Another Destiny Project a un livello più alto.
Walter Profeti
TrackList
01. R.E.M.
02. Insomnia
03. Sleepwalker
04. Doomsday
05. Once Again
06. Sand
07. Rorschach
08. Life Of Lies
09. Assembly
10. In My Name
- Anno: 2012
- Etichetta: Autoprodotto
- Genere: Heavy Industrial Power
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