Già nel 1983 i Vanexa alzarono una coltre fumosa che tinse di metal rock in maniera evidente le frastagliate coste della regione Liguria, permettendo così di iniziare un’espansione capillare nella nostra penisola della concezione più estrema del rock di allora. Da quella data, che conseguì la pubblicazione del debut album, fece seguito un periodo di crisi che le fonti ufficiali attribuirono a una forte delusione dovuta alle promesse non mantenute di un discografico bugiardo che finse di interessarsi alla band e da cui ne derivò un periodo di silenzio di cinque anni, rotto nel 1988 dalla pubblicazione del secondo Lp “Back From The Ruins”. I Vanexa uscirono indenni da questo disagio sotto il profilo della coesione, giacchè rimase inalterata la formazione che ha dato i natali all’omonimo “Vanexa” e fortunatamente rimase intatta anche la caparbietà e la concezione di fare metal; la furente “Midnight Wolves”, aperta da un allucinogeno intro, è la riprova di quanto riportato; i ragazzi di Savona tornano rabbiosi come qualche anno prima con un heavy metal quadrato e spedito in cui Roberto Merlone è di nuovo un protagonista con la sua ascia strumentale, con la quale è capace di tirar fuori uno dietro l’altro riffs melodiosi e aggressivi allo stesso tempo, sui quali la dinamica e robusta sezione ritmica di “Syl” Silvano Bottari e Sergio Pagnacco trova la giusta dimensione per esprimersi con la qualità dei musicisti con la M maiuscola.

Meno tirata ma sempre concepita nell’intenzione più intimidatoria “Blood – Money” che odora di NWOBHM lontano un miglio, compatta, diretta e con un ritornello che rimane impresso nelle menti per la sua semplicità che è anche la sua forza oltre alla consueta colata lavica di heavy metal emanata dagli strumenti. “Creation” esce dagli schemi della linearità e si fa notare al contrario per la sua struttura più ritmata e meno irruente delle precedenti song, in cui ritroviamo un Marco Spinelli più padrone della propria voce anche se, nella storia dei Vanexa, pur dimostrando un netto miglioramento su questo secondo album, non regge il confronto con il suo prossimo successore, fatto già evidenziato nella recensione riguardante l’album “Vanexa”. Merlone sà farsi apprezzare anche in questo frangente con un ispirato solo nella parte centrale, in cui viene allo scoperto l’amore per i Seventies e per quella musica concepita con il cuore, qualità che oltretutto non è mai mancata neanche ai Vanexa stessi. I ritmi si rifanno più incessanti in “It’s Over” altro fiero cavallo di battaglia dei metalheads liguri dove trasuda nella sua pienezza lo sboccato amore per l’heavy rock più scandito e ritmato che trova un minimo di pace nella parte centrale accompagnata da un ulteriore solo di Merlone a scolpire nel marmo la classe di una band che torna a spingere nel vortice del metal rock l’ascoltatore di turno.

Anche “Hanged Man” (che nel 1991 venne scelta per essere pubblicata sulla compilation americana Mountain Of Metal) sembra confermare l’intenzione dei Vanexa di puntare maggiormente ad atmosfere più cadenzate anziché puntare solo su direttrici immediate, song in cui si può ascoltare con piacere il lavoro certosino di Syl Bottari come sempre sorretto dalle rotonde attività di Pagnacco e Merlone, quest’ultimo impegnato anche in un passaggio pulito della stessa canzone su cui vi imprime un consueto solo da applausi che la porta in chiusura. “Night Rain On The Ruins” si palesa nelle sue pallide e malinconiche arie come la vera e propria ballad dell’Lp, a tratti dolce e spensierata e in altri più incisiva, ma convincente in entrambi i casi in cui il lavoro primario ricade spesso e volentieri sullo stesso Merlone, aiutato anche dalle tastiere suonate da Giorgio Pagnacco, intenti entrambi a ricreare la magia di tali ambientazioni con abilità e perizia.

Chiusa questa parentesi, c’è ancora spazio per il rock duro di “We All Will Die” seguito a ruota dalle influenze della terra d’Albione nel finale di “Hiroshima”, in cui la duttilità della musica dei Vanexa non manca di fare l’ultima apparizione per porre degnamente la parola fine su questo secondo gioiellino della storia del metal italiano, penalizzato anch’esso, come del resto la stragrande maggioranza dei prodotti dell’epoca, dalla qualità non cristallina del suono, ma che non impedisce comunque di apprezzarne lo stesso le idee brillanti contenute al suo interno.

 

Suo malgrado “Back From The Ruins” costituì anche la chiusura del periodo “ottantiano” della band; difatti l’Lp non riuscì a far breccia consistente nell’interesse del pubblico e gettò i Vanexa in uno sconforto tale che i fans dovettero attendere altri sei anni prima di tornare a sentir parlare di loro, con un nuovo album e una formazione che vide Spinelli lasciare il posto di cantante a Roberto Tiranti. Il resto è storia recente come si suol dire.

 

Francesco “Running Wild”

 

TrackList

1. Midnight Wolves

2. Blood -Money

3. Creation

4. It’s Over

5. Hanged Man

6. Night Rain On The Ruins

7. We All Will Die

8. Hiroshima

 

  • Anno: 1988
  • Etichetta: Minotauro Records
  • Genere: Hard Rock

 

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