Voto: 9
Diciamo subito, per chiarezza, che questo NON è un album metal, anche se, qua e là, si possono cogliere vari frammenti metallici impazziti tra le pieghe degli otto brani che vi sono contenuti. Mombu è un progetto parallelo che vede coinvolti Luca Mai degli Zu (sassofono e strumenti tradizionali africani) e Antonio Zitarelli dei Neo (batteria e percussioni), coadiuvati da alcuni ospiti, tra i quali Stefano Ferrian, uno dei più valenti chitarristi della scena avantgarde nazionale. La loro proposta è stata definita voodoom, ossia una sorta di strana miscela di suoni africani e doom, io però preferirei parlare di “afro-grind”, come si può evincere da “Stutterer Ancestor“, a metà tra musica tribale e jazzcore di stampo Painkiller e Naked City.
Questo lavoro d’esordio è interamente strumentale e trascina l’ascoltatore in un’esperienza davvero particolare, ora ipnotica ora frenetica, a tratti cupa e spigolosa, altre volte più fruibile. Ecco dunque che si alternano “Orichas” e “Radà“, “Regla de Ocha” e “Mombu Storm“, tutte da ascoltare d’un fiato e senza soluzione di continuità. Chi di voi è familiare con lo stile degli Zu non faticherà a ritrovarne tracce nei Mombu e sicuramente sarà facilitato nell’ascolto. Gli altri ammetto che faranno un po’ fatica ad accostarsi a questo disco e ad apprezzarlo, ma tutto dipende da quanto abbiano la mente e le orecchie aperte alla novità e alla sperimentazione. Musica afro, grind, jazz, noise, mathcore e quant’altro, il tutto ben triturato e shakerato per creare un cocktail da maneggiare con cura ma, alla lunga, (av)vincente.
Personalmente, trovo che Mombu sarebbe ideale come colonna sonora di un film documentario, magari il nuovo capitolo della saga Mondo cane, o di una nuova pellicola di Mario Bava con ambientazione nel Continente Nero… All’inizio ho parlato di “strumenti tradizionali africani”: il principale è la m’bira, «costituita da una sorta di tastiera in metallo o in legno accordata generalmente su una gamma pentatonica e da un risuonatore che può essere costituito da oggetti di vario tipo (calebasse, bottiglie, oggetti sferici di vari materiali). I tasti sono delle vere e proprie lamelle in metallo o più raramente in bambù che si suonano con i due pollici» (cfr. questa pagina).
La resa sonora non è dissimile da quella dello xilofono: ascoltare “Regla de Ocha“, ad esempio. Se devo citare i miei brani favoriti, direi “Stutterer Ancestor“, sincopata e violenta, “Radà“, dove rumori, effetti, distorsioni e pause silenziose si fondono e interagiscono, comunicando una molteplicità di sensazioni ed emozioni, e “Kemi“, marcia tribale dettata da Zitarelli e punteggiata dalle micidiali improvvisazioni saxofoniche di Mai.
Schegge di musica d’avanguardia che si conficcano nel cervello e nell’udito, ricordandoci che da un tradizione arcana e arcaica come quella africana può nascere musica che guarda al presente e soprattutto al futuro senza nessun timore di osare e di stupire. Oscar Wilde disse ad André Gide: «I have put my genius into my life; all I’ve put into my works is my talent». Ecco, anche i Mombu hanno messo tutto il loro (grande) talento in questo debutto…
Costantino Andruzzi
TrackList
01. Intro 253
02. Stutterer Ancestor
03. Orichas
04. Radà
05. Regla de Ocha
06. Mombu Storm
07. Kemi
08. Ten Harpoon’s Ritual
- Anno: 2011
- Etichetta: Subsound Records)
- Genere: Voodoom
Links: