Voto: 6.5

Un disco per niente facile da recensire. Fatta questa doverosa premessa, i Valerian Swing sono in tre e vengono da Correggio (Reggio Emilia), cittadina famosa per aver dato i natali all’omonimo pittore prima e a Luciano Ligabue poi. A Sailor Lost Around the Earth è il loro secondo album – 44 minuti quasi interamente strumentali – sulla lunga distanza, prodotto da Matt Bayles (Mastodon, Isis, Pearl Jam) e registrato in quel di Seattle. Quanto basta per fare di questo lavoro un piccolo “caso” e suscitarvi attorno un certo clamore. A ciò si aggiungano la difficile categorizzazione del genere proposto, l’eterogeneità stilistica, una grafica e dei titoli molto immaginifici e visionari, e il gioco è fatto.

A proposito di titoli, direi che “Le Roi Cremeux” è una sorta di manifesto programmatico per i nostri: palese, infatti, il riferimento, anche linguistico, ai King Crimson. Le note che si sprigionano da questa traccia sono un tributo alla grande band inglese, in un coacervo di suoni cangianti e “nervosi”, tra sfuriate (post)metalliche e fraseggi jazzati, momenti aspri e ambientazioni atmosferiche e sognanti. “Dr Pengl Is There” inizia alla Metallica, per poi dipanarsi lungo coordinate jazz-core che riportano alla mente un altro folle combo nostrano, i romani Zu. Particolare il lavoro del valente trombonista ospite Gianluca Petrella, che torna a farsi sentire nella conclusiva “It Shines“, il pezzo più lungo e più bello dell’album, senza dubbio ispirato tanto alla lezione progressiva degli Isis, quanto a quella melodico-psichedelica dei Motorpsycho, che tuttavia il terzetto emiliano fa qui proprie con buona personalità.

A Sea in Your Divine Fast” trasporta in un affresco musicale dal fascino “nordico”, al crocevia tra Sigur Rós e ultimi Anathema, con vocals sussurrate e suggestivi suoni d’archi, mentre “Since Last Century” è uno degli episodi più immediati (o meno complessi?), un solido monolite mastodoniano che sa però stemperarsi in partiture più soavi. Spazio a sonorità elettroniche nella breve “The Decent Man“, in cui personalmente sento lontani echi dei Rush anni Ottanta, per un brano che suona comunque avulso dal resto del disco. Anche “Pleng” e “How Far?” vanno incluse tra le cose meno riuscite, con cambi di tempo e di umore che paiono un po’ forzati e creati per la voglia di stupire, quasi di strafare, a tutti i costi.

Hypnagogic Hallucination? Sound in the Void” (tanto per tornare al discorso dei titoli visionari fatto all’inizio) è un rapido flash a base di suoni metallico-modernisti, che cita i Mastodon soprattutto nel drumming frenetico  di David Ferretti, poi “Nothing but a Sailor Lost Around the Heart” è solo per voce e suoni effettati, un pezzo che cerca di dar vita ad atmosfere emotivamente coinvolgenti ma, alla fine, non riesce a completare l’opera. Ecco, a conti fatti e dopo ripetuti ascolti, peraltro tutti necessari, “incompleto” è forse l’aggettivo che meglio descrive questa seconda prova dei Valerian Swing: il talento non manca, la bravura neanche, ma i tre emiliani devono ancora mettere del tutto a fuoco il proprio stile musicale e, per dirla con una frase forse banale ma a mio avviso efficace, capire bene che cosa vogliono fare da grandi.

Altri colleghi hanno da un lato esaltato, dall’altro stroncato questo disco. Io preferisco collocarmi su una salomonica linea di mezzo e aspettare i VS al varco, ma da loro mi attendo molto, molto di più in futuro.

 

Costantino Andruzzi

 

TrackList

01. Dr Pengl Is There
02. Le Roi Cremeux
03. A Sea in Your Divine Fast
04. Since Last Century
05. The Decent Man
06. Pleng
07. Hypnagogic Hallucination? Sound in the Void
08. How Far?
09. Nothing but a Sailor Lost Around the Heart
10. It Shines

 

  • Anno: 2011
  • Etichetta: Antistar/Audioglobe
  • Genere: Alternative

 

Links:

Bandcamp

Spotify

Youtube

Facebook

Autore