Voto: 8

Fare la recensione di questo esordio ufficiale dei Wild Roads non è per me cosa facile per svariati motivi. In primis l’amicizia che mi lega al fondatore della band Nik Capitini (anche collaboratore e recensore di Italia di Metallo), e in seconda battuta per il rischio che la gente pensi che ne parlo bene automaticamente. Come al solito invece la mia recensione si basa su ciò che ascolto e non su ciò che mi circonda e sarò il più obiettivo possibile, poi giudicherete voi ascoltando i brani già sul my space della band, o vedendoli nei loro infuocati live, e leggendo le altre recensioni che arriveranno.

Veniamo allora a questo ep autoprodotto molto bene dalla band  e registrato al F.P. Studio di Federico Pedichini. Band, che ricordo si è formata nel lontano 2001 e dopo varie vicissitudini di line-up solo da poco più di un anno è riuscita a trovare il giusto equilibrio.

Si parte a grande velocità con “Rider Of the Sunset”, potente miscela di rock e metal, brano con un gran bel tiro, che dimostra subito con quale certosina pazienza è stato prodotto, e fa ben sperare per il seguito dell’Ep, le influenze sono variegate con i più grandi nomi del genere, ma come spesso accade a molte band del nostro underground l’originalità non manca, e i riff potenti e precisi accompagnati da dei solos niente male di Nik e di Giulio Antonelli coinvolgono alla grande l’ascoltatore! Se devo accostarli a qualcuno mi vengono in mente i nostri Rain, chissà poi perchè..

Il brano seguente è l’omonimo “Wild Roads” inno inconfutabile della band, tiratissimo anche lui, con cambi di marcia improvvisi, anche se difetta nel passaggio dal riff al coro, forse troppo improvviso, ma sto cercando l’ago nel pagliaio, sicuramente in sede live qui si fa sfracelli, il break centrale con tanto di solos anni ’70 è quanto di meglio si possa cercare in una song moderna, infatti poi si sfocia in un tiratissimo assolo metal quasi malmsteeniano.

“She Has Been Cheated” si apre con un intro presa dal film “Io, me e Irene” del grande Jim Carrey, e subito dopo il metallo fumante si impossessa con ritmo cadenzato e tribale del brano, nota di merito anche a Simone Baldi, ottimo batterista e al basso sempre ben presente di Alessandro Lupo.  Come dicevo la struttura del brano è cadenzata e mi ricorda qualcosa degli anni d’oro dei Motley Crue, e la voce di Michael Cavallini in effetti ricorda un Vince Neil che ormai non esiste più, mi sa che se lo sentono lo prendono con sè, e non scherzo. Comunque brano davvero pesante e duro, forse il mio preferito, e gli assoli creano un ‘atmosfera di grande intensità, con un arpeggio quasi blues da maestri del genere.

Ok ok ho capito, state già mugugnando : ecco il Klaus che si fa prendere dall’amicizia e loda troppo , ma io dall’alto della mia saggezza vi smentisco subito, e passo al brano che mi piace meno.

Infatti “Re-Live My Life”  ha subito un gran difetto, la durata, ben otto minuti, che sinceramente son troppi, però non si può dire che non coinvolga, credo che il testo sia molto autobiografico, poi lo chiederemo nella prossima intervista alla band. Diciamo che siamo di fronte a una ballad che potevamo trovare su Use Your Illusion, vedi la chitarra stile Slash presente, ah dimenticavo, alle tastiere ospite speciale il grande Freddy Delirio che tutti voi conoscete! Insomma, bella canzone, melodica, struggente, da accendino e mano nella mano tra innamorati, ma i Wild Roads mi piacciono di più quando non tirano il freno, ciò non toglie che qui c’è classe e tanto lavoro e studio per avere il coraggio di proporre una song così. Bravi!

Il brano di chiusura “Sick Soul” invece riparte con il piede sull’accelleratore, e con il suo groove coinvolge e invita a scuotere le teste dei metallari più intransigenti, mi piace molto la ritmica e come al solito pioggia di riff ed assoli senza pietà per le nostre orecchie. Dai, immaginatevi di essere su un’autostrada americana a tutta velocità, la vostra colonna sonora ideale non possono che essere i WildRoads, del resto il loro destino è nel nome che hanno scelto!

Considerazioni finali, un’altra rocciosa band che dalle spiaggie bianche (sono della zona di Rosignano e limitrofi..) tiene alto l’onore del metal tricolore, il resto son solo chiacchiere da bar! Promossi e attesi al full-lenght e magari se qualcuno  ha voglia di investire su di loro offrendogli un contratto, non vi deluderanno!

 

Klaus Petrovic

 

TrackList

01-Rider of the Sunset

02-Wildroads

03-She Has Been Cheated

04-Re-Live My Life

05-Sick Soul

 

  • Anno: 2010
  • Etichetta: Autoprodotto
  • Genere: Heavy Metal

 

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