Voto: 8

Attesissimo, ecco il nuovo lavoro dei Sadist, il sesto sulla lunga distanza per gli alfieri del progressive death metal non solo in Italia, ma anche fuori dai confini nazionali. Season in Silence contiene 12 tracce e ripercorre i sentieri battuti dal precedente album (Sadist, 2007), a tratti dilatando ulteriormente la componente progressiva, a tratti tornando a sonorità più basilari.

La cifra stilistica dei nostri verte in larga misura su riff nervosi e ritmiche complesse e sincopate, con rari blitz veloci, e le tastiere, di cui si occupa il chitarrista Tommy Talamanca, qui anche nelle vesti di produttore, sono molto presenti all’interno di tutti i brani, conferendo loro un’aura suggestiva e gustosamente rivolta al glorioso passato (ma anche al presente) del rock progressivo italiano, con chiari riferimenti ai Goblin in primis, come si evince dall’intro “Aput”, che fa spazio a “Broken and Reborn”, dove si coglie un certo qual “incrudimento” nelle vocals di Trevor, il cui growling si distingue comunque per la intelligibilità e pulizia rispetto a tante, troppe altre voci del genere. Una struttura ritmica multiforme e riff decisamente intricati, alternati con suoni tastieristici spettrali, richiamano all’orecchio i Meshuggah, in un contesto tuttavia più melodico.

La seguente title track suona come se i Goblin facessero una jam con gli ultimi Death; ritmi tendenti al veloce ma sempre spezzati e in continua mutazione, con un break liquido che cita i Cynic e un assolo brevissimo ma ficcante, come nello stile di Tommy. “The Attic and the World of Emotions” si rifà tanto ai Carcass di Heartwork quanto a certe cose di Satriani/Vai, con uno splendido ancorché breve intermezzo prog-jazz e un finale rabbioso. Introdotta da tastiere sinfoniche, “Evil Birds” è un episodio death-fusion che forse andava studiato meglio, poiché qui la band sembra essere incerta su quale direzione prendere, lasciando le cose un po’ troppo a metà, per così dire.

“Night Owl” ha ritmiche compatte e aggressive, direi anche più lineari rispetto ad altri brani, con rapidi break di matrice Cynic/Gordian Knot, mentre “Snowman” inaugura l’ultima porzione del disco, tutta dedicata al tema del ghiaccio, del gelo,  insomma del freddo (con presumibili allusioni a situazioni interiori della mente umana), almeno a giudicare dai titoli dei singoli pezzi. Si tratta di una composizione rocciosa e abbastanza scarna, interpretata dalla cruda voce di Trevor, qui emulo di Jeff Walker, e impreziosita da un brevissimo assolo wah-wah di Tommy.

In “Bloody Cold Winter” il death metal si sposa a certi “tribalismi” ritmici e a partiture sinfoniche, con alcune brucianti accelerazioni, poi “The Abyss” erompe in tutto il suo dinamismo e la sua imprevedibilità: i ritmi sono in continuo divenire, come pure i riff, e le atmosfere, ora violente ora placide, potrebbero essere una rappresentazione allegorica del caos e della precarietà, come quando, dal punto di vista psicologico, si sta per precipitare in un abisso, tanto per riprendere il titolo di questo brano, a mio avviso uno dei più esemplificativi dell’album.

Ancora reminiscenze Carcass e Death in “Frozen Hands”, la cui melodia centrale ha un che di sinistro, mentre l’assolo di chitarra suona un po’ più “solare”; ottimi dialoghi tra basso e tastiere, con brevi spezzoni parlati da parte di Trevor. In chiusura, lo strumentale “Hiberna” è una vetrina per la chitarra acustica di Talamanca, il quale si cimenta in onirici arpeggi accompagnati dal fretless bass di Andy, che fanno tirare il fiato dopo l’ascolto di un disco certamente non semplice da metabolizzare all’istante.

Io sono già al terzo ascolto e devo dire che ancora non l’ho “digerito” del tutto. Pregio o difetto, questa complessità dei Sadist? Beh, per me che li conosco sin dai tempi di Above the Light, il loro debutto del 1993, e che ne ho seguito la costante evoluzione e anche le alterne sorti (non dimentichiamoci che il gruppo si sciolse tra il 2001 e il 2005), è senza dubbio un pregio, anche se questo nuovo Season in Silence non è il capolavoro che poteva essere, ma “solo” un gran bel disco, che non fa altro che confermare i quattro genovesi tra gli esponenti di punta del metal europeo in assoluto.

 

Costantino Andruzzi

 

TrackList

01. Aput
02. Broken and Reborn
03. Season in Silence
04. The Attic and the World of Emotions
05. Evil Birds
06. Ogron
07. Night Owl
08. Snowman
09. Bloody Cold Winter
10. The Abyss
11. Frozen Hands
12. Hiberna
  • Anno: 2010
  • Etichetta: Liveglobal/Sel
  • Genere: Progressive Death Metal

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